Una checklist per interpretare gli studi clinici
Un metodo rapido utile al medico pratico per un primo inquadramento di uno studio clinico.
Di Renato Luigi Rossi
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Un metodo rapido utile al medico pratico per un primo inquadramento di uno studio clinico.
Di Renato Luigi Rossi
Il metodo si sviluppa per step successivi che ricalcano in gran parte i capitoli del libro visti fino a questo momento. Esso consente una valutazione di massima e non pretende di esplorare tutte le possibili criticità che possono trovarsi in uno studio clinico. Va sottolineato, infatti, che spesso l’interpretazione può essere difficile anche per gli esperti per la complessità dei dati. Conviene sempre fare riferimento:
Il primo passo è determinare se si tratta di uno studio osservazionale o di uno studio randomizzato e controllato. I risultati degli studi osservazionali sono, generalmente, considerati meno robusti di quelli degli RCT per la possibile presenza di fattori confondenti e bias. Possono essere ipotesi di lavoro da confermare o confutare con RCT disegnati a questo scopo. Gli studi osservazionali sono importanti, tuttavia, in determinati ambiti, per esempio per stabilire alcune associazioni (fumo/cancro, alcolismo/cirrosi).
In questo caso andrebbe valutata la bontà della randomizzazione, compito per nulla semplice. Di solito le riviste più prestigiose, negli editoriali di commento, rilevano se ci sono state falle nella procedura della randomizzazione, che dovrebbe essere gestita con sistemi computerizzati.
La mancanza di cecità può portare a sovrastimare l’efficacia di un trattamento (soprattutto se l’endpoint considerato si basa su una valutazione soggettiva, come per esempio l’entità del dolore) o può portare ad alcuni bias (come il performance bias). Numerosità del campione arruolato Se la numerosità del campione arruolato (sample size) non è adeguata i risultati del trial sono meno affidabili. D’altra parte un sample size di migliaia di pazienti può portare a un sovradimensionamento che rileva ed enfatizza benefici del trattamento clinicamente poco rilevanti.
La durata del follow-up deve essere congrua con gli endpoint valutati. Per endpoint surrogati può essere sufficiente un follow-up di pochi mesi, per quelli clinici maggiori sono spesso necessari anni. Importante è controllare se lo studio è stato interrotto in anticipo rispetto a quanto programmato: in questo caso i benefici del trattamento potrebbero apparire sovrastimati.
Lo studio va valutato per i risultati ottenuti sull’endpoint principale; i risultati sugli endpoint secondari sono un valore aggiunto se vanno nella stessa direzione dell’endpoint principale; in caso contrario dovrebbero essere considerati delle ipotesi da verificare. Va prestata attenzione, nel caso di endpoint composti, al comportamento dei vari elementi dell’endpoint stesso (per ulteriori particolari si rimanda al relativo capitolo). Nel caso lo studio abbia valutato endpoint surrogati questi dovrebbero essere fortemente associati a endpoint clinici. È importante, inoltre, considerare se lo studio prevede anche outcome riferiti dai pazienti.
Se i risultati derivano da un’analisi per sottogruppi bisogna valutare se essa era stata pre-specificata nel disegno dello studio oppure pianificata in itinere o a posteriori quando lo studio si è concluso. Le analisi a posteriori possono portare a differenze statisticamente significative di un risultato solo formali e dovute alla casualità. Questa probabilità aumenta quanto più sono le analisi per sottogruppi. Analisi di questo tipo, solitamente, dovrebbero essere considerate come generatrici di ipotesi da verificare con studi futuri.
Un risultato statisticamente significativo non significa di per sé che sia clinicamente importante. Va osservato il valore della “P”: un valore troppo vicino al cut-off (0,05) significa che la probabilità che si tratti di un risultato casuale non è irrilevante. Si deve valutare il risultato in termini assoluti (riduzione del rischio assoluto = ARR) e di NNT. Importante anche considerare l’NNH. Se l’intervallo di confidenza al 95% è troppo vicino alla parità significa che il beneficio, seppur statisticamente significativo, potrebbe esserlo molto meno se lo si considera dal punto di vista clinico.
Infine va valutata l’importanza dello studio.
Renato Luigi Rossi
Medico di famiglia
Questo testo è tratto dal libro Come leggere uno studio clinico di Renato Luigi Rossi (Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2021). Per gentile concessione dell’editore.
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