Un comitato per l’etica nella clinica in un’azienda sanitaria. Dove, come e perché
Marta Perin racconta l’esperienza di Reggio Emilia

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Marta Perin racconta l’esperienza di Reggio Emilia
Marta Perin racconta l’esperienza di Reggio Emilia
In Italia il dibattito sulla regolamentazione e implementazione di servizi di supporto etico, quali i comitati per l’etica nella clinica, ristagna da tempo tra proposte, dibattiti e iniziative locali [1,2]. Nonostante una generale percezione positiva di questi servizi come forma di supporto nella gestione di casi complessi [3], la loro implementazione resta un argomento altamente sfidante. La sola istituzione di questi enti non è garanzia della loro fattibilità e del loro utilizzo, aspetti che dipendono ampiamente da fattori di tipo culturale, politico e organizzativo [4,5].
Quali sono quindi i fattori che promuovono o ostacolano l’integrazione di un comitato per l’etica nella clinica in una struttura sanitaria italiana? E per quali ragioni una struttura dovrebbe dotarsene?
L’esperienza del Comitato per l’etica nella clinica dell’Azienda Usl-Irccs di Reggio Emilia è particolarmente significativa per rispondere a questa domanda, in quanto è stato pensato fin dalla sua istituzione come oggetto di un progetto di ricerca finalizzato non solo ad implementare il servizio, ma anche ad identificare i fattori che ne promuovono o ostacolano l’integrazione nell’attività quotidiana di un’Azienda sanitaria.
Istituito nel 2020 con Delibera del direttore generale dell’azienda sanitaria, sulla spinta delle problematiche etiche sollevate dal covid-19 e sul contestuale bisogno di supportare i professionisti in situazioni tanto inaspettate quanto difficili [6], il Comitato per l’etica nella clinica dell’Azienda Usl-Irccs di Reggio Emilia è un servizio di supporto etico indipendente e multi-professionale, composto attualmente da 12 membri, rappresentanti professioni sanitarie e non, selezionati sulla base delle loro conoscenze e competenze in questo settore. Secondo il suo regolamento interno, il comitato per l’etica nella clinica ha il compito di valutare casi clinici complessi che non rientrano nella sperimentazione clinica e farmacologica; produrre pareri su questioni morali percepite come rilevanti a livello aziendale; promuovere iniziative pubbliche per sviluppare la consapevolezza bioetica della cittadinanza; formare i professionisti sugli aspetti etici della cura. Il Comitato è guidato da una Presidente con specifiche competenze in materia, di una segreteria scientifica, e si riunisce online una volta al mese per discutere in modo collegiale le richieste di consulenza – talvolta insieme al professionista che sottopone la richiesta, ascoltato/a in audizione – o i pareri in preparazione.
Questo lavoro si è concretizzato, tra il 2020 e il 2023, nella produzione di tre documenti aziendali su aspetti etici della pratica clinica e organizzativa legati alle implicazioni etiche del covid [7], nella realizzazione di un corso di formazione per i professionisti dell’Azienda su strumenti e servizi per gestire i conflitti etici nei contesti di cura e, infine, nella gestione di 11 richieste di consulenza etica. Le consulenze hanno riguardato casi (sia di ambito pediatrico che dell’adulto) caratterizzati dalla presenza di conflitti o difficoltà relazionali tra operatori sanitari e la famiglia del paziente, come ad esempio il disaccordo della famiglia sulla vaccinazione covid-19 per una persona con demenza, o i conflitti tra medico, pazienti e familiari legati alla somministrazione di terapie non convenzionali. Altri casi hanno riguardato la gestione della sedazione palliativa profonda e del distress esistenziale o le problematiche etiche nella gestione di pazienti con demenza (sedazione palliativa profonda e nutrizione artificiale).
Alcuni fattori sono stati determinanti per il buon funzionamento del servizio.
In primo luogo, il comitato per l’etica nella clinica è stato introdotto in un contesto culturale e professionale molto sensibile alle tematiche bioetiche grazie alla presenza nella stessa Azienda sanitaria dell’Unità di bioetica che dal 2015 contribuisce con le sue attività di ricerca, formazione e consulenza, a sensibilizzare gli operatori sui conflitti valoriali che molto spesso attraversano la loro pratica quotidiana, rendendoli più consapevoli dei propri bisogni e più predisposti all’attivazione di questo servizio [8].
Ulteriore elemento di forza è stata la presenza di professionisti con diverse competenze, sia cliniche che non (ad esempio esperti di bioetica, giuristi, rappresentanti dei cittadini): ciò ha permesso di creare un luogo di confronto non giudicante e di scambio virtuoso con i professionisti, capace di bilanciare la concretezza del caso con la riflessione etica, dando ai curanti l’opportunità di sentirsi accolti nei propri dubbi, di sentirsi un po’ meno soli nel prendere decisioni complesse, come testimoniato proprio da alcuni di loro nelle interviste condotte nel progetto di ricerca sulla valutazione del servizio.
L’esperienza di Reggio Emilia, seppur limitata a un piccolo centro, conferma la percezione generale che i comitati per l’etica nella clinica siano una grande opportunità per i professionisti sanitari per “non essere lasciati soli” a decidere su tematiche complesse.
L’esperienza di Reggio non è stata, certo, priva di difficoltà. Oltre alle scarse risorse destinate al servizio, la mancanza di una normativa chiara in merito all’esistenza dei comitati per l’etica nella clinica nelle aziende sanitarie ha contribuito ampiamente ad alimentare una generale confusione sulla comprensione del servizio in Azienda. La pandemia, e il conseguente passaggio all’immaterialità dell’online, non hanno contributo a dare visibilità all’attività del comitato per l’etica nella clinica, che è rimasta privata della ricchezza dei confronti e delle relazioni in presenza tra componenti e professionisti.
Una grande questione si pone, ora, al termine della progettazione su questo servizio in merito alla sua sostenibilità e continuità. Considerata la complessità che caratterizza il lavoro di un comitato per l’etica nella clinica, della quale si è cercato di dare un “assaggio” in queste righe, è ragionevole chiedersi se e come un servizio come questo possa contribuire a soddisfare un più ampio obiettivo di cura associato all’etica clinica. La creazione di uno spazio morale con e tra i professionisti di un’Azienda sanitaria, finalizzato a ridurre il senso di solitudine e il moral distress che spesso accompagna la quotidianità di chi cura e a sostenere i clinici nel tradurre in azioni concrete per i pazienti processi decisionali complessi, potrebbe essere una risposta, certamente non esaustiva, a questa domanda.
L’esperienza di Reggio Emilia, seppur limitata a un piccolo centro, conferma sostanzialmente la percezione generale che i comitati per l’etica nella clinica siano una grande opportunità per i professionisti sanitari per “non essere lasciati soli” a decidere su tematiche complesse, che chiamano in causa valori che vanno ben oltre gli aspetti, clinici, legali, assistenziali ed organizzativi, e che richiedono, invece, un confronto allargato e multidisciplinare.
Marta Perin
Ricercatore sanitario
Comitato per l’etica nella clinica
Unità di bioetica, Azienda Usl-Irccs di Reggio Emilia
Servizio SCEGLIERE
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Bibliografia
Ludovica De Panfilis apre un confronto
Riconoscere e gestire i conflitti di interesse per tutelare l’integrità. Di Luca De Fiore
La nota di Gaia Marsico