Se i compensi ai medici non sono dichiarati
L’ennesimo studio conferma le remore di medici e industria quando si tratta di essere trasparenti.

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L’ennesimo studio conferma le remore di medici e industria quando si tratta di essere trasparenti.
Foto di Marco Vergano
Speravamo di aver fatto dei passi avanti, ma occorre ancora parlare di conflitto di interessi e mancanza di trasparenza: otto su dieci degli autori che hanno pubblicato sul New England Journal of Medicine e sul Journal of the American Medical Association (JAMA), due delle riviste mediche più influenti, non sono stati sinceri nel rivelare i soldi che avevano ricevuto da industrie.
L’ennesimo studio – pubblicato per adesso in preprint su medRxiv [1] – che ha confermato le remore di alcuni medici quando si tratta di essere trasparenti ha preso in considerazione 31 articoli originali pubblicati nel 2017 su ciascuna delle due riviste prima citate. Dei 118 autori di questi articoli, nei tre anni precedenti la pubblicazione dei lavori, 106 hanno ricevuto un totale di 7,48 milioni di dollari secondo quanto è stato possibile sapere consultando Open Payments, una banca dati del governo degli Stati Uniti a cui i produttori di farmaci e dispositivi medici devono segnalare i pagamenti a medici e altri operatori sanitari. Con una semplice sottrazione vediamo che solo una dozzina tra gli autori non ha ricevuto alcun pagamento. Dei 106 autori che hanno ricevuto denaro, gli importi variavano da 6,36 dollari (praticamente un sandwich e una bibita) a 1,49 milioni di dollari. E i 23 autori più lautamente compensati hanno ricevuto 6,32 milioni di dollari, di cui quasi la metà non sono stati dichiarati alle riviste. Fin qui la rapida sintesi di quanto ha mostrato lo studio che offre l’opportunità per continuare a ragionare su una questione nota da tempo ma tutt’altro che risolta.
Il conflitto di interessi in medicina | Tema esplorato da tempo ma non ancora risolto, continua a motivare nuove ricerche. Chi volesse saperne di più può consultare un libro che è ormai considerato “un classico” della letteratura sull’argomento, Giuro di esercitare la medicina in libertà e indipendenza, di Marco Bobbio. Due invece i titoli consigliati nella letteratura in lingua inglese – molto ricca – entrambi scritti da ex direttori del New England Journal of Medicine: The truth about the drug companies di Marcia Angell, e On the take, di Jerome Kassirer. Più recentemente, in italiano, la casa editrice Il Mulino ha pubblicato il libro Il conflitto di interessi e salute, di Nerina Dirindin, Chiara Rivoiro e Luca De Fiore.
Non sono sorpreso, ma rattristato e deluso.
Brian Piper
“Non sono sorpreso, ma rattristato e deluso”, ha detto Brian Piper a Stat News [2]. Piper – tra gli autori dell’articolo e docente di neuroscienze alla Geisinger Commonwealth School of Medicine – ha aggiunto come lo studio abbia preso in considerazione i lavori pubblicati da riviste di grande impatto e molto influenti. “Per molti americani, questi giornali sono lo snodo della medicina basata sull’evidenza. Molti medici si abbonano e tanti giornalisti si rivolgono a loro per avere informazioni”.
Il ruolo delle riviste nella medicina contemporanea | Argomento centrale nella sanità ma sicuramente trascurato: nel 2005, l’allora direttore del BMJ, Richard Smith, trascorse alcuni mesi estivi in un palazzo storico a Venezia per scrivere un libro che purtroppo non è stato tradotto in italiano: The trouble with medical journals. Una curiosità: a dare questa opportunità a Smith presentandogli la famiglia italiana proprietaria di questo splendido appartamento era stato Alessandro Liberati, fondatore del Centro Cochrane italiano. Le 312 pagine del libro erano il compimento di una riflessione che aveva portato lo stesso autore a definire le riviste scientifiche accademiche una sorta di “prolunga” degli uffici marketing delle industrie farmaceutiche. Qui è possibile leggere un articolo chiave dello stesso Smith. Da allora, la situazione non solo non è migliorata, ma tra l’industria editoriale scientifica e le imprese farmaceutiche sono aumentate le intese e le sinergie. In conclusione, pensare acriticamente ai medical journal come al terreno dove si coltiva l’evidence-based medicine può apparire ottimista. Argomento importante, sul quale torneremo a fare il punto.
Può far sorridere che a distanza di pochi giorni dalla pubblicazione dello studio di Piper e dei suoi colleghi di Pittsburgh proprio sul New England Journal of Medicine sia uscita una nota sulla trasparenza nei rapporti del medico col paziente riguardo i conflitti di interesse [3]: “Nel marzo 2020 – leggiamo nell’articolo – il Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti (Doj) ha intentato una causa ai sensi del False claims act contro un importante produttore di dispositivi per chirurgia spinale, accusandolo di aver riconosciuto a quasi tre dozzine di chirurghi ortopedici un totale di oltre 8 milioni di dollari in pagamenti per finte consulenze. Si lasciava intendere che i compensi riguardassero valutazioni di prodotti ma, presumibilmente, era solo un modo per mascherare i pagamenti ai chirurghi come segno di riconoscenza per l’utilizzo dei dispositivi. Secondo la causa, che è ancora pendente, i chirurghi sono stati pagati 500 dollari per ogni procedura cervicale e mille per ogni procedura lombare (…). Il Doj ritiene che questi pagamenti violassero l’Anti-kickback statute, che «proibisce l’offerta, il pagamento, la sollecitazione o la ricezione di compensi per prestazioni o servizi» coperti da Medicare e altri programmi finanziati dal governo federale. Come in molti casi simili, le denunce sono arrivate al Doj per mezzo delle disposizioni del False Claims Act (noto come disposizioni sugli informatori), in base alle quali una persona può intentare un’azione per conto degli Stati Uniti e ricevere una parte dei fondi recuperati da una causa associata”.
Ecco dunque il problema nel problema: non di rado anche le industrie si… dimenticano di dichiarare i compensi elargiti. Ne troviamo conferma sul JAMA in un articolo ugualmente a firma di Adashi e Cohen [4] che racconta come una nota azienda di dispositivi medici non abbia informato i Centers for Medicare & Medicaid services dei pagamenti effettuati a un medico in violazione dell’Open payments program [3]. Un accordo civile sulla base di 1,11 milioni di dollari ha chiuso la causa, ma il Doj ha accusato la stessa azienda di aver corrisposto denaro ad un medico per utilizzare propri prodotti. E l’azienda ha accettato di pagare 8,1 milioni di dollari per chiudere anche questa partita.
Ci sono soluzioni per un problema che da anni non solo non sembra risolversi, ma pare peggiorare? Secondo Brian Piper, non conviene aspettarsi la sincerità da parte degli autori degli articoli scientifici: le riviste dovrebbero consultare direttamente la banca dati Open payments per trovare i legami tra medici e industrie. Comunque, si tratterebbe di una soluzione parziale, dal momento che gli autori di nazionalità non statunitense resterebbero non controllati. È anche divertente – per così dire – vedere che The Scientist riferisce il parere di Piper quasi accostandolo al link ad un altro studio che dimostra che la maggior parte dei direttori di riviste scientifiche riceve soldi da industrie.
Servono programmi capaci di “imporre” alle aziende di dichiarare i compensi riconosciuti ai medici.
Adashi, Cohen e Elberg sul New England Journal of Medicine propongono invece che la dichiarazione degli interessi conflittuali sia fatta dal medico direttamente al paziente. Del resto, dicono i tre autori, non è assolutamente detto che una comunicazione del genere finisca per nuocere alla relazione di cura: “I pagamenti dai produttori ai professionisti non sono necessariamente sospetti e possono essere indicativi dell’esperienza e della competenza del medico: i decisori politici hanno riconosciuto che spesso è nell’interesse dei pazienti se le aziende elargiscono un compenso agli esperti per aiutare a progettare o migliorare i prodotti, compenso definito sul valore di mercato equo per il tempo dedicato”.
Cosa succede nella mente del paziente se il medico dichiara collaborazioni con industrie? | Verrebbe da pensare che chi viene a sapere della collaborazione del proprio medico con un’industria farmaceutica possa automaticamente essere più prudente nel seguire le prescrizioni del curante. Ma la questione non è così semplice: potrebbe addirittura innescarsi una reazione opposta perché alcuni pazienti potrebbero voler dimostrare al proprio medico di non considerare il suo conflitto di interessi (ora rivelato) come un elemento in grado di condizionare la sua indipendenza di giudizio. Qui possiamo leggere un articolo sul tema e molto citato. Insomma: la relazione tra medico e malato è una cosa complicata sulla quale – inutile dirlo – continueremo costantemente a fare il punto.
In definitiva, questi nuovi studi non diradano il cielo dalle molte nubi che continuano ad avvolgere il tema dei conflitti di interessi. Basti pensare che il messaggio che arriva dall’articolo sul JAMA prima citato è che servirebbero programmi capaci di “imporre” alle aziende di dichiarare i compensi riconosciuti ai medici [4]. Ad ogni modo, le soluzioni proposte avrebbero almeno il vantaggio di sgombrare il campo dall’equivoco di fondo: l’utente del sistema sanitario di sicuro non ha né il tempo né la voglia per andare a cercare sui database amministrativi se il proprio medico riceve denaro dalle industrie.
Chissà: forse ciò che serve sono quegli “interventi artigianali” di cui parla Sandro Spinsanti [6]. Bisognerebbe produrre dal basso i cambiamenti necessari per contrastare qualsiasi cosa possa – a poco a poco o improvvisamente – erodere il patto di fiducia che lega i cittadini al sistema sanitario. Ma questo è un altro, impegnativo discorso.
Luca De Fiore, Il Pensiero Scientifico Editore
Bibliografia
1. Baraldi JH, Picozzo S, Arnold J, et al. Accuracy of conflict-of-interest disclosures of physician-authors publishing in high-impact US medical journals: A comparison of the Journal of the American Medical Association and the New England Journal of Medicine. medRxiv 2021; Jan 1.
3. Adashi EY, Cohen IG, Elberg JT. Transparency and the doctor-patient relationship-Rethinking conflict-of-interest disclosures. New Engl J Med 2022; Jan 22.
5. Williams S. Many editors of US medical journals receive industry funding. The Scientists, 8 novembre 2017.
6. Spinsanti S. Una diversa fiducia. Per un nuovo rapporto nelle relazioni di cura. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2022.
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