Steven Woloshin, medico e ricercatore della Darmouth university negli Stati Uniti, è tra le persone che più hanno studiato una questione importante: come comunicare i risultati della ricerca scientifica. In occasione di un incontro svolto a Roma e promosso dal progetto Forward del Dipartimento di epidemiologia del Lazio, Woloshin ha risposto alle domande de il punto ricordando quanto sia importante che siano comunicati i “numeri” riguardanti il beneficio o il rischio assoluto (e non relativo) e che, riportando gli esiti di uno studio, siano sempre spiegati quali siano i limiti della ricerca, in termini di rappresentatività del campione di popolazione studiato o di rilevanza clinica dei benefici evidenziati.
Va da sé – spiega Woloshin – che in uno studio osservazionale sia fondamentale considerare i fattori di confondimento che possono aver alterato le conclusioni degli autori e che, allo stesso tempo, in uno studio controllato randomizzato sia valutata la congruità del “confronto” utilizzato per misurare l’efficacia o la sicurezza di una nuova terapia. Più in generale – sembra voler dire il ricercatore – la comunicazione della ricerca deve rispondere a criteri di onestà e indipendenza, per rispettare sia il destinatario dell’informazione, sia i ricercatori stessi e la loro integrità.
Una rubrica pensata per affiancare il medico che si accinge all’analisi critica di uno studio clinico. Come si può capire se uno studio è importante e cambierà la pratica medica e un altro invece si può ignorare perché del tutto irrilevante? Come ci si può destreggiare tra rischio relativo, hazard ratio e intervallo di confidenza? Come si interpreta la “P”? Cos’è una curva di Kaplan-Meier? Cosa sono le metanalisi e le revisioni sistematiche? Si può giudicare la bontà di una linea guida? Cosa si intende per valore predittivo di un esame?