Revisioni sistematiche
Uno strumento utile per trovare le evidenze disponibili su un argomento e a valutarne la qualità.
Di Renato Luigi Rossi
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Uno strumento utile per trovare le evidenze disponibili su un argomento e a valutarne la qualità.
Di Renato Luigi Rossi
Le revisioni sistematiche della letteratura vengono eseguite (con una procedure definita e standardizzata) con lo scopo di ritrovare tutte le evidenze disponibili circa l’argomento oggetto della ricerca. Hanno il fine di sintetizzare i risultati di più studi e di ottenere misure più precise di quelle dei singoli trial. Si tratta di strumenti potenti e indispensabili perché riassumono in un unico documento le conoscenze disponibili che altrimenti potrebbero non essere tutte conosciute e utilizzate dai medici.
Il processo con cui si effettua una revisione sistematica è molto articolato.
Viene anzitutto definito un obiettivo che risponde a una domanda (per esempio: nella broncopatia cronica ostruttiva gli steroidi inalatori sono efficaci nel ridurre le riacutizzazioni? nello scompenso cardiaco a frazione di eiezione conservata quali sono i farmaci che riducono la mortalità?). In seguito si elaborano dei criteri di inclusione degli studi da considerare (per esempio si includono solo rct effettuati negli anziani oppure solo rct che abbiano avuto la durata di almeno 3 anni mentre non vengono considerati quelli di durata inferiore, ecc.).
Viene poi compiuta una ricerca, che sia la più ampia e rigorosa possibile, di tutti gli studi che rispondono ai criteri definiti. La ricerca viene effettuata su banche dati (Cochrane Central Register of Controlled Trial, MEDLINE, PreMEDLINE, Embase, ecc.), ma gli autori eseguono anche una ricerca manuale su bibliografie e riviste mediche, cercando pure lavori non pubblicati o presentati solo in abstract o ai congressi. Se possibile, viene effettuata una ricerca anche di studi pubblicati non in lingua inglese. Spesso vengono contattati i ricercatori per ottenere un maggior numero di informazioni.
Successivamente si esamina la qualità dei vari studi, la tipologia della casistica arruolata, degli endpoint valutati, la presenza o meno di bias, l’eterogeneità, ecc.
Alla fine vengono presentati i risultati finali della ricerca. Se è possibile viene eseguita anche una metanalisi. Se questa non è ritenuta fattibile (per esempio per eccessiva eterogeneità tra gli studi) si riferiscono i risultati solo in termini qualitativi, esplicitando i motivi per cui non è stato possibile effettuare una determinazione quantitativa, i limiti dei vari studi, l’affidabilità dei risultati finali.
Come si vede la revisione sistematica non necessariamente si conclude con una metanalisi. D’altra parte non sempre una metanalisi viene preceduta da una revisione sistematica completa ed esaustiva della letteratura.
Per questo motivo è consigliabile affidarsi a revisioni sistematiche e metanalisi di elevata qualità che garantiscano che vi è stata:
Esempi di questo tipo sono le revisioni effettuate dalla Cochrane Collaboration o da enti governativi (per esempio la United States preventive services task force).
Le revisioni e le metanalisi si sono rivelate particolarmente utili nel 2020, durante la pandemia da sars-cov-2, quando gli studi venivano pubblicati a ritmo quasi travolgente. Così una metanalisi sponsorizzata dall’Oms ha permesso di dimostrare l’utilità degli steroidi per via sistemica nei pazienti gravi. Questa metanalisi ha assemblato i risultati di 7 trial clinici randomizzati (rct) per un totale di 1703 pazienti. Negli studi i pazienti erano stati randomizzati a corticosteroidi (desametasone, idrocortisone o metilprednisolone) oppure terapia standard o placebo. La mortalità (mediamente valutata a 28 giorni) è risultata inferiore nel gruppo trattato con steroidi (P <0,001). In termini assoluti la mortalità è stata del 32% nel gruppo trattato e del 40% nel gruppo di controllo (The WHO REACT Working Group, 2020).
Nei box 1 e 2 sono sintetizzate revisioni sistematiche Cochrane che mostrano come, oltre a essere riportate le misure di efficacia dei vari outcome, siano esplicitati gli obiettivi della ricerca, il tipo di studi valutati, i criteri di inclusione, il rischio di bias e la certezza delle evidenze. La seconda revisione non riguarda un intervento di tipo farmacologico ma sullo stile di vita.
BOX 1 Sethi NJ et al. Antibiotics for secondary prevention of coronary heart disease. Cochrane Database Syst Rev 2021; 2(2):CD003610. L’obiettivo della revisione era di determinare i benefici e i rischi della somministrazione di antibiotici per la prevenzione secondaria della cardiopatia ischemica. Sono stati selezionati rct che valutavano l’efficacia degli antibiotici confrontati con il placebo nella prevenzione cardiovascolare secondaria in adulti (età >18 anni). Gli outcome primari valutati erano la mortalità totale, gli eventi avversi gravi e la qualità di vita. Endpoint secondari erano: mortalità cardiovascolare, infarto miocardico, ictus e morte cardiaca improvvisa. Sono stati analizzati 38 rct per un totale di 26.638 partecipanti. Il rischio di distorsioni (bias) era basso in 3 rct ed elevato nei rimanenti 35. In 28 trial erano valutati i macrolidi, in 2 i chinolonici. La revisione ha evidenziato che gli antibiotici potrebbero aumentare la mortalità totale: RR 1,06 (IC95% 0,99-1,13; P = 0,07; NNH 208) con elevata certezza di evidenza. Gli antibiotici aumentano anche il rischio di ictus (RR 1,14; IC95% 1,00-1,29; P = 0,04; NNH 138) con elevata certezza di evidenza e probabilmente la mortalità cardiovascolare (RR 1,11; IC95% 0,98-1,25) con certezza dell’evidenza moderata. Sull’infarto miocardico gli antibiotici hanno un effetto piccolo o nullo (RR 0,95; IC95% 0,88-1,03; P = 0,23) con certezza dell’evidenza elevata. Nessun impatto sulla morte improvvisa cardiaca. Nessun dato è stato possibile ricavare per la qualità di vita. Gli autori concludono che gli antibiotici sembrano essere dannosi se usati per la prevenzione cardiovascolare secondaria per quanto riguarda la mortalità totale e cardiovascolare e l’ictus: il loro uso non è consigliato. |
BOX 2 Lee LL et al. Walking for hypertension. Cochrane Database Syst Rev 2021; 2(2):CD008823. Lo scopo di questa revisione era determinare quale sia l’impatto del camminare sulla pressione arteriosa. Sono stati esaminati vari database, compresi database cinesi. Sono stati contattati gli autori dei lavori per avere ulteriori informazioni circa studi pubblicati e non pubblicati. I criteri di inclusione prevedevano rct in cui veniva valutata l’efficacia del camminare (in soggetti >16 anni) sul controllo della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca. In totale 73 rct rispondevano ai criteri di inclusione. L’età dei partecipanti andava da 16 a 84 anni. Nella maggioranza degli studi i partecipanti camminavano con un’intensità moderata in media per 153 minuti a settimana. Molti studi erano a rischio di bias di selezione o di performance bias. L’endpoint primario analizzato era la riduzione della pressione arteriosa sistolica. Sono state analizzate anche la riduzione della pressione arteriosa diastolica e quella della frequenza cardiaca. Il camminare riduce la pressione sistolica in media di 4,41 mmHg (certezza dell’evidenza moderata). Nei soggetti di età compresa tra 41 e 60 anni e in quelli dopo i 60 anni la riduzione della pressione sistolica è risultata lievemente inferiore alla media (rispettivamente di 3,9 e 4,3 mmHg): certezza dell’evidenza bassa. Il camminare riduce la pressione sistolica sia negli uomini che nelle donne (certezza dell’evidenza bassa). Inoltre camminare riduce la pressione diastolica in media di 1,79 mmHg (certezza dell’evidenza bassa) e la frequenza cardiaca di 2,76 bpm (certezza dell’evidenza bassa). Gli eventi avversi associati al camminare erano riportati solo in 26 trial: in 16 non si erano verificati eventi avversi, in 5 gli eventi avversi riguardavano danni al ginocchio. |
Un po’ di storia: Archibald Cochrane | Archibald Cochrane (1909-1988) è stato un epidemiologo scozzese ed è considerato uno dei padri della evidence-based medicine (ebm). Fu uno dei primi a sostenere l’importanza dei trial clinici di tipo randomizzato che egli considerava come uno degli strumenti più efficaci per identificare gli interventi sanitari utili e quelli dannosi per i pazienti. Considerava gli rct come gli studi che più degli altri erano esenti da distorsioni (bias). Queste idee, sviluppate e portate avanti in seguito dal collega Peter Elwood, portarono per esempio a studi che dimostrarono l’utilità dell’aspirina nelle malattie cardiovascolari. Nel 1993, qualche anno dopo la sua morte, venne fondata la Cochrane Collaboration con lo scopo di realizzare revisioni sistematiche della letteratura, sia di rct che di studi osservazionali (se non sono disponibili rct). Queste revisioni sono unanimemente riconosciute di elevata qualità metodologica e aiutano gli operatori sanitari a prendere decisioni importanti sui trattamenti da prescrivere.
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