Si leggono spesso, in letteratura, riferimenti alla biopolitica. Spesso si dà per scontata una qualche familiarità con un concetto che merita di essere padroneggiato anche dagli operatori sanitari che lo conoscessero meno.
Un utile ausilio viene dalla recente raccolta in volume – Medicina e biopolitica – di alcuni scritti di Michel Foucault, studioso francese tra i maggiori del secolo scorso (1926-1984), al quale si deve la creazione stessa del concetto, appunto, di biopolitica. Da storico e filosofo, Foucault ha intersecato spesso le traiettorie della medicina e della salute, grazie ad una serie di studi svolti già negli anni Sessanta (Storia della follia nell’età classica, 1961; Nascita della clinica. Un’archeologia dello sguardo medico, 1963) che hanno indagato il costituirsi della malattia e della follia come “oggetti scientifici”.
Negli ultimi dieci anni del suo insegnamento al prestigioso College de France, Foucault si dedicò invece alla biopolitica (neologismo composto da bìos, vita e da polis, città), indicando con questo concetto una forma di potere che ha come oggetto la stessa vita umana. Questa va curata, moltiplicata, accresciuta e amministrata, a partire dal corpo del singolo: “Il controllo della società sugli individui non si effettua solo attraverso la coscienza o l’ideologia, ma anche nel corpo e con il corpo. Per la società capitalista è il bio-politico a essere importante prima di tutto, il biologico, il somatico, il corporale. Il corpo è una realtà bio-politica; la medicina è una strategia biopolitica“.
Nell’ambito di un ciclo di conferenze tenute a Rio de Janeiro, Foucault delineò le tappe della nascita della medicina sociale, partendo da un interrogativo: perché, e da quale momento, la medicina si è trasformata in una strategia biopolitica? La salute degli individui diventa oggetto del potere dalla seconda metà del XVIII secolo, allorché le esigenze del nascente capitalismo pongono il corpo – inteso come forza lavoro produttiva – al centro di un paradigma politico basato sulla medicalizzazione della società. La costruzione della soggettività non è quindi questione che riguarda il singolo sé, anche se la cura di sé è un altro tema centrale per Foucault: il potere si prende cura di tutti e di ciascuno, attraverso un uso sempre più capillare dei corpi. Secondo il pensatore francese, questo processo s’ingenera già alla fine del XVIII secolo, quando nascono le prime politiche urbanistiche, securitarie e sanitarie come forme di controllo sociale: ospedali, manicomi, sanatori e prigioni divengono dispositivi per proteggere le popolazioni dalle epidemie all’interno di determinati spazi urbani, ma anche e soprattutto per suddividerle, inquadrarle e quindi controllarle.
Più di ogni altro pensatore del Novecento, ha dunque posto in discussione il rapporto tra medicina, economia e potere. In altri termini, Foucault accompagna con le sue riflessioni la nascita della medicina sociale, partendo da alcuni interrogativi che restano anche oggi sul tappeto: qual è il rapporto tra medicina e potere? In che modo i dispositivi di potere/sapere modellano i corpi per ottenere un’efficace razionalizzazione della forza produttiva della popolazione? Davvero la salute del cittadino è questione di Stato? Dove poniamo il confine tra arbitrio individuale e responsabilità collettiva? Se “l’utero è mio e me lo gestisco io”, come gridavano le femministe in corteo in quegli anni Settanta, perché invece ciò non vale oggi per il vaccino contro la pandemia da covid-19?
Sono questioni (specie l’ultima) al centro del dibattito sociale e politico. Enfatizzare il peso delle tecniche di controllo della salute (e non solo) della popolazione da parte degli organismi pubblici è, per esempio, un argomento fin troppo disinvoltamente ripreso dalla protesta anti-scientifica, per esempio all’interno dell’universo no-vax. Ma leggere Foucault aiuta: in particolare, l’ultimo scritto compreso nella raccolta, un’intervista del 1983 sulle strategie di governo della popolazione attraverso il potere medico, pone in maniera ordinata e riflessiva le questioni che tutte le sere vengono discusse nelle, a volte sgangherate, trasmissioni televisive su vaccini, mascherine e lockdown.
Leggere ancora Foucault oggi può piuttosto favorire la ripresa di una domanda fondamentale per il domani dell’occidente capitalistico: è possibile rifondare l’alleanza tra salute pubblica e crescita economica, e in che termini?