Ronald Dworkin (1931-2013) è stato un influente filosofo politico e morale. Egli propose un esperimento mentale a partire dal caso Margo, la malata di Alzheimer descritta su JAMA dallo studente Andrew Firlik, che l’aveva raffigurata come “una delle persone più felici che avesse mai conosciuto”[1]. Dworkin, nel suo esperimento, immaginò che Margo, quando ancora era sana e pienamente competente, avesse compilato le proprie disposizioni anticipate di trattamento (DAT). In esse, la donna avrebbe chiesto che, se si fosse in seguito ammalata di demenza di Alzheimer, non avrebbe voluto ricevere nessun trattamento curativo per un’eventuale malattia intercorrente che avesse messo a rischio la sua vita.
Ipotizziamo ora che Margo, nella situazione di “benessere” descritta da Firlik, e tuttavia incapace per la sua demenza di fornire un valido consenso informato alla cura, si ammali di polmonite batterica. Si tratta, come è noto, di una malattia pericolosa per la vita, ma che può spesso guarire, grazie alla somministrazione di antibiotici. Come dovrebbero comportarsi i curanti? Dovrebbero onorare le DAT di Margo, rinunciando al tentativo di guarire la polmonite? Oppure dovrebbero somministrare la terapia che può salvarle la vita, non tenendo conto delle sue disposizioni anticipate?
Perché rispettare le DAT di Margo? L’argomentazione di Dworkin
Dworkin ritiene che le disposizioni anticipate di Margo debbano essere rispettate [2].
Il filosofo statunitense argomenta il suo giudizio, sostenendo che la vita delle persone è guidata dal tentativo di soddisfare due tipi di interessi. I primi sono gli interessi esperienziali (le cose che perseguiamo perché ci piace l’esperienza di farle). Ad esempio, sono interessi esperienziali fare una passeggiata in un bosco d’autunno, cucinare e mangiare bene, ascoltare la musica preferita o semplicemente lavorare sodo per qualcosa. I secondi, invece, sono gli interessi critici, cioè le speranze e gli obiettivi che danno un significato e una coerenza autentici alla nostra vita. Noi perseguiamo questi ultimi interessi quando, ad esempio, cerchiamo di stabilire una vera amicizia, o di raggiungere la competenza nel nostro lavoro, o di crescere bene i figli.
Gli interessi critici, per Dworkin, sono più importanti di quelli esperienziali. Il filosofo ritiene inoltre che anche le persone, le cui esistenze sembrano prive di una formale pianificazione, in realtà siano guidate da un certo stile di vita che esse considerano appropriato. Di conseguenza, esse prendono spesso le decisioni non solo in base alla ricerca di un bene momentaneo, ma in modo coerente con la vita che conducono e con gli interessi critici che la guidano.
Basandosi su questa gerarchia di interessi, dove quelli critici hanno più rilievo degli esperienziali, Dworkin propugna una visione dell’autonomia (integrity view of autonomy) che permetta alle persone di condurre la propria vita secondo la propria personalità, guidate dal senso di ciò che è davvero importante per ognuna di loro.
Nell’esperimento mentale, come abbiamo visto, le disposizioni anticipate di trattamento redatte dalla donna, espressione della sua precedente scelta autonoma basata sui suoi interessi critici, sembrano confliggere con i suoi attuali interessi esperienziali. Poiché le decisioni prese da Margo quando era autonoma erano basate sui suoi interessi critici, esse – secondo Dworkin – devono essere comunque rispettate. Di conseguenza, di fronte alla comparsa della polmonite, i curanti non dovrebbero somministrare a Margo la terapia antibiotica.
Il filosofo non si nasconde che questa conclusione è molto dura da accettare. Infatti, rispettando la precedente autonomia di Margo, dovremmo ora rinunciare alle cure – anche semplici e non invasive – per tentare di mantenerla in vita. Per questa ragione, egli concede che la decisione di effettuare la terapia può essere presa per altri motivi, che sono diversi dal rispetto per l’autonomia. Ad esempio, perché ci sentiamo incapaci di negare un aiuto medico a una persona cosciente che non lo rifiuta in modo esplicito. Tuttavia, ritiene che, se adottiamo quest’ultimo comportamento, neghiamo il diritto di Margo a essere trattata degnamente, cioè in un modo che rispetti i suoi genuini interessi critici e il suo piano di vita.
Perché non rispettare le DAT di Margo? La risposta di Dresser
Rebecca Dresser (1952-) è una giurista e bioeticista statunitense. Dresser sostiene che quando i pazienti con demenza sono ancora in grado di provare piacere nella propria vita, le direttive anticipate che possono affrettare la morte dovrebbero essere ignorate [3]. A sostegno della sua affermazione, muove alcune critiche alle argomentazioni di Dworkin. Fra queste critiche, due sembrano più rilevanti.
Una prima obiezione è di carattere conoscitivo. Le DAT di Margo, secondo Dresser, sono state compilate in condizione di ignoranza epistemica. La donna, quando era competente, non avrebbe potuto conoscere quale qualità di vita avrebbe avuto con la demenza. La bioeticista ne trae la convinzione che “non promuoviamo l’autonomia delle persone attuando scelte che originano da informazioni insufficienti o sbagliate”.
La seconda critica a Dworkin si basa sul rifiuto di Rebecca Dresser nei confronti della concezione dell’identità personale accettata dal filosofo. Per Dworkin, come abbiamo visto, esiste una continuità nell’identità della persona. Per Dresser, invece, l’attuale Margo, affetta da malattia di Alzheimer, privata dei ricordi e incapace di progettare il futuro, è un’altra persona rispetto a quella che, competente e in buona salute, compilò le proprie disposizioni anticipate di trattamento. Quindi, la Margo che stilò le DAT potrebbe non avere nessuna autorità morale per imporre le sue scelte alla Margo attuale.
Questo colloquio a distanza fra Dworkin e Dresser avvenne quasi trent’anni fa. Nel frattempo, molti Paesi, fra cui l’Italia con la legge 219/2017, hanno regolamentato le disposizioni anticipate di trattamento o altre forme di “testamento biologico”. In questi ultimi tre decenni, diversi altri autori sono intervenuti nel merito delle problematiche sollevate, anche per cercare di superarne la contrapposizione.
Massimo Sartori Medico internista e membro della Consulta di bioetica onlus colloquidibioetica.com