Leggere per capire il mondo e scoprire sé stessi
Richard Smith racconta il potere della narrativa e della poesia, e i suoi romanzi preferiti

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Richard Smith racconta il potere della narrativa e della poesia, e i suoi romanzi preferiti
Questo articolo è la seconda parte della traduzione di “Why I recommend all doctors — indeed, everybody — to read good books deeply every day” di Richard Smith. Qui la prima parte.
Un giovane amico inglese molto intelligente, che parla correntemente russo e ungherese, ha vissuto a Mosca, ora a Madrid e ha viaggiato molto, mi ha scritto per dirmi che nell’ultimo anno non ha letto nulla di narrativa e che la narrativa gli sembra una “scappatoia”. Sono rimasto sconvolto. Stava commettendo un errore grave e, osai dire, stupido. Insistetti perché cambiasse idea [1].
L’argomento principale a favore della lettura di narrativa è che è di gran lunga il modo migliore per capire le persone, le relazioni e le cose essenziali come l’amore e la morte.
La sua motivazione, suppongo, è che la finzione sia inventata, che non sia reale, i personaggi non esistono. Al contrario, abbiamo diari, lettere, autobiografie e biografie di persone reali e storie di eventi reali. Inoltre, abbiamo libri di psicologia, sociologia, scienza, filosofia, antropologia, archeologia e simili che trattano i modi di fare delle persone reali. Perché mai qualcuno dovrebbe leggere di persone ed eventi immaginari quando potrebbe leggere di persone ed eventi reali?
L’argomento principale a favore della lettura di narrativa è che è di gran lunga il modo migliore per capire le persone, le relazioni e le cose essenziali come l’amore e la morte. Come scrive il medico e autore di best-seller Abraham Verghese nel suo ultimo romanzo The Covenant of water (edizione italiana: Il patto dell’acqua, ndr), “la narrativa è la grande bugia che dice la verità su come vive il mondo”. Come ho scritto il suo libro Cutting for Stone, che ha venduto milioni di copie, è una “lettera d’amore alla medicina” [2]. Verghese, professore di medicina a Stanford, è un grande sostenitore del valore dell’esame clinico e nel romanzo scrive: “Che emozione poter toccare un essere umano con la punta delle dita e sapere tutte queste cose su di lui” [3].
Vorrei approfondire una citazione di Martin Amis, secondo cui la verità sta nella finzione, usando l’esempio della sua matrigna, Elizabeth Jane Howard. Ha vissuto una vita lunga e movimentata e ha scritto molti romanzi. Non ha scritto un’autobiografia, ma esiste una biografia della sua vita e ha lasciato delle lettere. Cosa dovremmo leggere se volessimo capire la Howard e sapere com’era essere lei? Un’autobiografia, se esistesse, sarebbe parziale e censurata. Una biografia è il punto di vista di una persona su un insieme di fatti ed eventi ed è necessario imporre una sorta di narrazione per rendere il libro leggibile ma così il risultato sarà parziale e distorto. Le lettere sono scritte a singoli individui e hanno uno scopo diverso dalla rivelazione. A mio avviso, impariamo molto di più sulla Howard leggendo i suoi romanzi: lì può scrivere di relazioni, matrimoni, vicende e lotte direttamente senza dover censurare. E così facendo ci darà una visione più profonda dell’umanità, degli affari, relazioni e, paradossalmente, delle persone reali e di sé stessa di quanto possiamo sperare di ottenere leggendo di psicologia o sociologia.
Il mio giovane amico sembra in realtà contraddirsi nel messaggio che mi ha inviato. Scrive: “In realtà per me leggere la letteratura russa non ha a che fare tanto con le storie quanto la comprensione del Paese e della mentalità, per integrarmi con la cultura russa” [4]. Esattamente, rispondo, le storie sono soprattutto un mezzo per raggiungere un fine, non un fine in sé [5].
Come capire al meglio la mentalità russa? Parlare russo, vivere in Russia, sposare una russa, mescolarsi e lavorare con i russi, come ha fatto il mio giovane amico, sono probabilmente i modi migliori, ma la comprensione sarà più profonda se integrata dalla lettura. Sì, dovrebbe leggere storie della Russia e biografie di Pietro il Grande, Lenin e Stalin, ma credo che si avvicinerà alla sua missione leggendo Tolstoj, Dostoevskij, Gogol e Cechov più che in qualsiasi altro modo. E attraverso questa lettura approfondirà la sua comprensione non solo della mente russa, ma di tutte le menti.
O pensate a come capire le donne (se siete uomini), l’amore e la morte? La migliore narrativa (e non mi vergogno del mio snobismo quando si tratta di narrativa) vi porterà ben più lontano rispetto a qualsiasi altro tipo di lettura.
C’è poi la questione dello stile. Lo stile, che la grande narrativa possiede e la maggior parte della saggistica non possiede, è fondamentale per la comprensione. Martha Nussbaum, una delle principali filosofe viventi, sostiene che per poter parlare di come si dovrebbe vivere- uno dei compiti tradizionali dei filosofi- sia necessario un certo stile e che la letteratura possa rispondere a domande importanti a cui la filosofia non è in grado di rispondere. L’autrice osserva che i filosofi angloamericani moderni utilizzano solo lo stile pallido, razionale, incruento e igienico delle scienze naturali, e quindi inevitabilmente non riescono a dirci qual è il modo migliore per vivere. L’autrice lo sostiene in parte a causa della sua esperienza diretta. La sua vita sentimentale è stata turbolenta e ha ricevuto più aiuto e comprensione da Dickens, Dostoevskij, James e Proust (i suoi preferiti) che dalla filosofia. La Nussbaum cita un’altra scrittrice, Cora Diamond: “Il piacere di leggere ciò che è stato scritto sotto la pressione del contenuto che modella la forma, della forma che illumina il contenuto, ha a che fare con il senso dell’anima dell’autore nel testo, e tale piacere, e tale senso dell’anima dell’autore, è precisamente ciò che è irrilevante o fuori luogo nella scrittura dei professionisti per i professionisti”.
Il mio giovane amico non menziona la poesia, e forse dedica ore al giorno alla lettura di poesie. Ma temo che, come sembra essere comune, disprezzi la poesia ancor più della narrativa. Sarebbe un terribile errore. I poeti sono le antenne del mondo, individuano il bello e il brutto prima di noi e ce lo trasmettono. La poesia può esprimere ciò che la prosa non può. Anche chi disprezza la poesia è spinto ad essa dal dolore e dall’amore. “Quando il potere porta l’uomo verso l’arroganza”, ha detto John F. Kennedy, “la poesia gli ricorda i suoi limiti. Quando il potere restringe l’area di interesse dell’uomo, la poesia gli ricorda la ricchezza e la diversità dell’esistenza. Quando il potere corrompe, la poesia purifica”. La poesia, secondo il saggista inglese William Hazlitt, “è il linguaggio universale che il cuore intrattiene con la natura e con sè stesso”. Martin Heidegger, uno dei filosofi più influenti del XX secolo, arrivò a credere che solo la poesia, e non la filosofia, potesse rispondere alla domanda “Che cosa significa essere un essere umano?”. “La poesia ci coinvolge in un modo che va ben oltre il semplice scambio di informazioni”.
I poeti sono le antenne del mondo, individuano il bello e il brutto prima di noi e ce lo trasmettono. La poesia può esprimere ciò che la prosa non può. Anche chi disprezza la poesia è spinto ad essa dal dolore e dall’amore.
Permettetemi di condividere brevi sezioni di quattro delle mie poesie preferite, che porto dentro me ogni giorno e mi fanno conoscere cose che non posso altrimenti.
In Snow il poeta irlandese Louis McNeice scrive:
World is crazier and more of it than we think,
Incorrigibly plural. I peel and portion
A tangerine and spit the pips and feel
The drunkenness of things being various.
In Ithaca C.P. Cavafy descrive un viaggio, il viaggio di Ulisse, il viaggio della vita:
Keep Ithaka always in your mind.
Arriving there is what you’re destined for.
But don’t hurry the journey at all.
Better if it lasts for years,
so you’re old by the time you reach the island,
wealthy with all you’ve gained on the way,
not expecting Ithaka to make you rich.
Anche Alfred Tennyson ha scritto una poesia su Ulisse:
Come, my friends,
‘T is not too late to seek a newer world.
Push off, and sitting well in order smite
The sounding furrows; for my purpose holds
To sail beyond the sunset, and the baths
Of all the western stars, until I die.
E Shakespeare dalla sua opera Cymbeline:
Fear no more the heat o’ the sun,
Nor the furious winter’s rages;
Thou thy worldly task hast done,
Home art gone, and ta’en thy wages:
Golden lads and girls all must,
As chimney-sweepers, come to dust.
Di recente ho letto ne Il Tempo Ritrovato di Proust questa frase: “Ogni lettore, quando legge, conosce sé stesso”, e mi ha colpito immediatamente per la sua verità e profondità; anche se non l’avevo mai pensato prima, l’ho sempre saputo. Ora ne sono estremamente consapevole. Conosciamo noi stessi non solo riga per riga, ma anche attraverso ciò che scegliamo di leggere [6].
i momenti più magici nella lettura si verificano non quando incontro qualcosa di sconosciuto, ma quando mi imbatto in me stesso, quando leggo una frase che descrive perfettamente qualcosa che ho sempre saputo o sentito
Sono consapevole che quando rileggo i libri, come faccio sempre più spesso, sono un io diverso che sta leggendo un libro diverso. Certo, il libro non è diverso, ma io – con le esperienze, le conoscenze e le letture accumulate insieme al decadimento e alle cose dimenticate – sono diverso. Hisham Matar, uno scrittore libico, ha scritto sul New York Times del conoscere noi stessi grazie alla lettura:
“i momenti più magici nella lettura si verificano non quando incontro qualcosa di sconosciuto, ma quando mi imbatto in me stesso, quando leggo una frase che descrive perfettamente qualcosa che ho sempre saputo o sentito. Mi viene ricordato che in realtà non sono diverso da nessun altro.
Tutta la grande arte ci permette questo: uno sguardo attraverso i limiti del nostro io. Questi eventi non sono semplicemente divertenti o disorientanti o interessanti esperimenti di realtà virtuale. Sono momenti di autentica espansione. Sono il cuore della nostra umanità. Il nostro futuro dipende da loro. Non saremmo potuti arrivare qui senza di loro. I libri… sviluppano la nostra vita emotiva, psicologica e intellettuale e, così facendo, ci mostrano come e fino a che punto siamo connessi. Ecco perché la letteratura è il più grande argomento a favore dell’istinto universalistico, ed è per questo che la letteratura è intransigente sulla sua libertà” [7].
Sul mio sito web ho elencato i miei dieci romanzi preferiti [8]. In breve, oltre a Middlemarch e Il Gattopardo, che ho già citato, sono: I Miserabili di Victor Hugo; La Valle dell’Eden di John Steinbeck; Il Conte di Monte Cristo di Alexander Dumas; The Dance to the Music of Time di Anthony Powell (che in realtà è composto da 12 romanzi – Powell è spesso chiamato “il Proust inglese” come Knausgaard è chiamato “il Proust norvegese”); He Knew He Was Right di Anthony Trollope (anche se amo Dickens, amo di più Trollope); Delitto e castigo di Fëdor Dostoevskij; Resta con me di Elizabeth Strout e Il dono di Humboldt di Saul Bellow.
Ammetto che si è trattato di una selezione un po’ arbitraria e che in un altro giorno avrei probabilmente stilato una lista diversa. Mi accorgo ora che solo uno dei libri è stato scritto nel XXI secolo, mentre cinque sono stati scritti nel XIX secolo e solo due sono di scrittrici. Ma all’epoca avevo notato che sette erano europei e tre statunitensi. Ho deciso quindi di stilare una lista di romanzi preferiti provenienti da Asia, Africa, America Latina e Australasia, poiché sono molti i romanzi di quei paesi che ho amato [9]. La mia lista comprendeva L’amore ai tempi del colera di Gabriel Garcia Marquez; Il crollo (una citazione dal grande poema di Yeats) di Chinua Achebe; La strada stretta verso il profondo nord di Richard Flanagan; Un perfetto equilibrio di Rohinton Mistry; La festa del caprone di Mario Vargas Llosa; Infanzia. Scene di vita di provincia di J. M. Coetzee; Non dite che non abbiamo niente di Madeleine Thein; Il paese delle maree di Amitav Ghosh; Fiela’s child di Dalene Matthee e Il dio delle piccole cose di Arundhati Roy. Quindi tre dall’India, tre dall’Africa, due dall’America Latina, due dall’Australia e uno dalla Cina/Canada (sono undici e non dieci, lo noto solo adesso). Sono tutti scritti nel XX o XXI secolo. Anche in questo caso, probabilmente, se la facessi oggi avrei una lista diversa, anche semplicemente perché ora ho letto più libri.
Richard Smith
Ex-direttore The BMJ e blogger
Bibliografia
Pubblicato su Richard Smith’s non medical blogs il 24 giugno 2023, questo articolo è stato tradotto e pubblicato su ilpunto.it grazie a un accordo con l’autore che ringraziamo per la sua disponibilità.
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