Le tecnologie digitali e la medicalizzazione della vita
La misurazione eccessiva della salute può portare alla sovradiagnosi: la nota di Giampaolo Collecchia

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La misurazione eccessiva della salute può portare alla sovradiagnosi: la nota di Giampaolo Collecchia
Le nuove tecnologie digitali, in particolare i dispositivi indossabili tra cui smartphone e smartwatch, sono in grado sia di rilevare diversi parametri biologici (frequenza cardiaca, respiratoria, saturazione di ossigeno, temperatura corporea, pressione arteriosa, glucosio, sudore, onde cerebrali, ecg) sia di fornire informazioni sullo stile di vita (attività fisica, sonno, alimentazione, calorie consumate). Inoltre tali sistemi di misurazione, implementati dalle applicazioni della intelligenza artificiale, possono fornire dati di flusso dinamici – istantanei, minuto per minuto, giornalieri, settimanali.
Per queste loro funzionalità e potenzialità, essi vengono presentati come in grado di migliorare il monitoraggio delle patologie, di rendere più efficienti i processi decisionali e di realizzare una sorta di “screening” digitale per la diagnosi precoce (o la predizione del rischio di) numerose patologie quali la sindrome di Alzheimer, il morbo di Parkinson o l’autismo. Ciò può comportare un aumento della tendenza attuale a estendere le definizioni di malattia a stadi precoci o lievi, con beneficio terapeutico ridotto o nullo, come già accaduto per malattie/condizioni come osteoporosi, infarto miocardico, sindrome dell’ovaio policistico, diabete.
I segnali ottenuti dai device possono rilevare anche misure di sensazioni comprese da sempre soltanto attraverso la lente della soggettività, come il tono dell’umore, l’attività cognitiva [1] e in futuro l’attività neuroendocrina [2], che rischiano di finire anch’esse etichettate quali malattie per il fenomeno dell’over-selling [3].
Per limitare il fenomeno della sovradiagnosi, la Fondazione Gimbe ha recentemente pubblicato la versione italiana delle nuove linee guida su come modificare la definizione di malattia redatte dal gruppo di lavoro finalizzato alla prevenzione della sovradiagnosi del Guidelines international network(GIN). In particolare viene proposta una checklist di domande che dovrebbero ridurre significativamente le conseguenze negative di nuove definizioni di malattia, consentendo di distinguere tra vere novità e costruzioni arbitrarie a scopi essenzialmente commerciali [4].
Checklist per modificare la definizione di una malattia |
Item | Razionale |
1. Definizione di malattia: quali sono le differenze tra la nuova definizione e quelle precedenti? | È importante descrivere dettagliatamente tutte le modifiche proposte |
2. Impatto epidemiologico della modifica: in che misura la nuova definizione di malattia modificherà incidenza e/o prevalenza della malattia? | È importante conoscere il numero di persone su cui la modifica avrà impatto, al fine di comprendere benefici, effetti avversi e implicazioni economiche. |
3. Motivazioni: quali sono le motivazioni per modificare la definizione di malattia? | Esplicitare le motivazioni che hanno indotto a modificare le definizioni di malattia permette di comprenderne la reale necessità. |
4. Abilità prognostica: in che misura la nuova definizione di malattia, rispetto alla precedente, predice outcome clinicamente rilevanti? | Il principale requisito della definizione di malattia è la sua capacità di predire accuratamente outcome clinicamente rilevanti. |
5. Precisione e accuratezza della definizione di malattia: qual è il grado di ripetibilità, riproducibilità e accuratezza (quando le stime sono possibili) della nuova definizione di malattia? | Le definizioni di malattia replicabili e riproducibili migliorano la consistenza del processo decisionale clinico. L’accuratezza è spesso difficile da stimare per la mancanza di uno standard diagnostico di riferimento. |
6. Benefici: qual è il beneficio incrementale per i pazienti classificati con la nuova definizione di malattia rispetto alla precedente? | I benefici della definizione di malattia possono essere riportati utilizzando metodi come il GRADE. È particolarmente importante valutare i benefici nelle condizioni in cui la nuova definizione verrà utilizzata per determinare la soglia del trattamento. |
7. Effetti avversi: quali sono gli effetti avversi incrementali per i pazienti classificati con la nuova definizione di malattia rispetto alla precedente? | Anche gli effetti avversi possono essere riportati con metodi quale il GRADE; tuttavia, è spesso più difficile quantificarli, in particolare quelli psicologici, sociali ed economici. |
8. Benefici e effetti avversi netti: qual è il beneficio e il danno netto per i pazienti classificati con la nuova definizione di malattia rispetto alla precedente? | Prima di modificare la definizione di malattia il panel dovrebbe considerare tutti gli item precedenti e il trade off tra benefici ed effetti avversi netti. |
La possibilità di oggettivare l’effettiva realtà delle percezioni del paziente consente di attribuire al sintomo la dignità di segno e al paziente l’attendibilità e la veridicità di quanto descrive.
Il valore di sintomi e segni nella consultazione medica | La presentazione dei sintomi, espressioni soggettive di un processo morboso, è in genere l’esito di un processo, più o meno lungo, nel corso del quale un cittadino arriva a decidere che le sensazioni da lui percepite possono costituire un problema di pertinenza medica. In questo caso accetta di essere oggetto di valutazione clinica e quindi, per la durata della consultazione, viene riconosciuto come “paziente” e legittimato come tale. Questo è l’inizio della tradizionale consultazione medica. Il paziente esprime le sensazioni che sta provando senza una netta scissione tra il suo corpo e il suo sé, mentre il medico le affronta “come se accanto o dentro al corpo adagiato sul lettino vi fosse un terzo soggetto parlante immateriale, biologicamente non determinato, che gli descrive cosa sembra non funzionare” [5]. L’interpretazione dualistica della narrazione dell’assistito impedisce al curante di riconoscere l’esistenza di una soggettività collegata al corpo e quindi di attribuire al sintomo descritto un valore pari a quello che solitamente viene assegnato al segno osservato. Per questo, secondo la tradizione medica, i sintomi, soggettivi e riferibili soltanto (d)al paziente, sono dotati di una valenza poco “scientifica”; mentre le misure oggettive, di natura clinica, strumentale o di laboratorio, per esempio un’alterazione cutanea, un valore di pressione arteriosa o di glicemia, sono segni inconfutabili, che solo il medico ha il potere di osservare e interpretare per stabilirne la rilevanza clinica e quindi l’effettivo “valore”.
L’accesso diretto del paziente ai parametri biologici e comportamentali e la possibilità di acquisirli in maniera indipendente e autonoma, con software in grado di interpretarli e di fare diagnosi accurate, permette una partecipazione attiva e responsabile delle persone al proprio processo di cura o al mantenimento dello stato di salute, il cosiddetto patient digital empowerment.
L’interazione tra dispositivo e paziente è peraltro molto complessa, la semplice lettura dei dati senza riflessione critica può soddisfare soggetti ansiosi o perfezionisti, ma aumentare fenomeni negativi quali l’eccessiva confidenza nell’auto-monitoraggio e nelle diagnosi “fai da te” con un falso senso di fiducia dei pazienti oppure, all’opposto, la preoccupazione, fino ad una vera e propria ipocondria digitale, con secondario sovraccarico dei servizi sanitari, che rischiano di essere travolti da una enorme massa di informazioni e da nuove responsabilità, in un contesto di maggiore incertezza e confusione, ad esempio per le aspettative riposte dai cittadini nella tecnologia. Gli smartwatch più sofisticati possono per esempio evidenziare casi di fibrillazione atriale silente o di breve durata, che possono allarmare le persone ma il cui trattamento è ancora incerto.
Le opportunità offerte dalla rivoluzione digitale possono rafforzare il potere del paziente nella relazione con il medico e determinare un profondo cambiamento nella gestione della salute, anche se tali potenzialità sono ancora in fase iniziale e necessitano di ulteriore validazione nella pratica, per mezzo di studi che ne attestino accettabilità, fattibilità ed efficacia/effettività, mediante nuove tipologie di trial pragmatici che utilizzino i principi del machine learning e delle interfacce digitali per ottenere una reale comprensione dei dati, il tutto con modalità strettamente contestualizzate e personalizzate [6]. In parallelo deve svilupparsi una formazione del cittadino all’autovalutazione e alla condivisione delle scelte e delle responsabilità.
Non dimentichiamo che la nostra identità è ancora fondamentalmente analogica, pur in un mondo sempre più digitale.
Occorrono medici formati, che educhino l’utente a un uso corretto delle tecnologie digitali, informando sul possibile rischio, oltre che di falsi positivi, di sovradiagnosi e conseguenti falsi allarmi in una popolazione medicalizzata e in gran parte non alfabetizzata sul piano digitale. Non dimentichiamo che la nostra identità è ancora fondamentalmente analogica, pur in un mondo sempre più digitale.
Esiste inoltre il rischio che i dispositivi digitali determinino un cambiamento di paradigma culturale, epistemologico, etico della società, che si realizzi una sorta di nuovo apparato sensoriale, pervasivo, in grado di accedere a realtà biologiche con modalità e risultati che non hanno precedenti nella storia dell’umanità e di registrare con occhi nuovi e quindi ridefinire lo stesso concetto di identità corporea e di persona [7]. Come affermato da Cosimo Accoto “non si tratta solo di strumenti per calcolare il numero di passi o la quantità di calorie bruciate, ma di strumenti con cui stiamo costruendo la nostra nuova (idea di) soggettività umana” [8].
I dispositivi patient-friendly possono contribuire, mediante studi di efficacia su esiti clinici e sul valore incrementale in termini di costo/beneficio nei confronti dell’assistenza standard, a determinare una conoscenza più approfondita della storia naturale delle patologie e a permettere una ridefinizione delle diagnosi classiche descrivendo fenotipi clinici distinti e individualizzati, non evidenziabili con i comuni strumenti.
Una cultura medica sempre più orientata verso la misurazione della salute e del benessere può rendere la vita stessa pertinenza della medicina, in quanto oggettivabile in termini medici.
Ma il rovescio della medaglia è la possibilità di contribuire alla diffusione di una concezione della normalità non come dato qualitativo dello “star bene” riferito dal paziente, ma come risultato quantitativo della elaborazione di parametri fissati dagli esperti.
Una cultura medica sempre più orientata verso la misurazione della salute e del benessere, le cui parole chiave sono calcolabilità, quantificazione, controllabilità, oltre a determinare la creazione di nuove malattie, senza reali e concreti benefici per le persone, può rendere la vita stessa pertinenza della medicina, in quanto oggettivabile in termini medici.
Giampaolo Collecchia
Medico internista
Comitato per l’etica clinica Azienda Usl Toscana Nord Ovest
Bibliografia
1. Collecchia G. Neurotecnologie e neurodiritti digitali: la privacy mentale. Recenti Prog Med 2021; 112: 1-4.
2. Parlak O KS, Marais A, Curto VF, Salleo A. Molecularly selective nanoporous membrane-based wearable organic electrochemical device for noninvasive cortisol sensing. Sci Adv 2018; 4:eear2904.
3. Alderighi C, Rasoini R. Sovradiagnosi: esito non inatteso degli eccessi in medicina. Ilpunto.it, 2 settembre 2022.
4. Doust J, Vandvik PO, Qaseem A, et al for the Guidelines international network (G-I-N) preventing overdiagnosis working group. Linee guida per modificare le definizioni di malattia: una checklist. Evidence 2018; 10: e1000187.
5. Bernabè S, Benincasa F, Danti G. Il processo diagnostico. In (a cura di): Caimi V, Tombesi M: Medicina generale. Torino: UTET 2003.
6. Barrett PM, Steinhubl SR, Muse ED, Topol EJ. Digitising the mind. Lancet 2017; 389: 1877.
7. Collecchia G, De Gobbi R. Intelligenza artificiale e medicina digitale. Una guida pratica. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2020.
8. Accoto C. Il mondo dato. Cinque brevi lezioni di filosofia digitale. Milano: Egea, 2017.
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