Secondo il Programma regionale per gestione del rischio clinico 2020-2022, approvato dall’Assessorato alla sanità della Regione Piemonte [1], la contenzione può essere definita come qualsiasi intervento che limita la libertà di movimento ovvero la normale accessibilità al proprio corpo.
Si distinguono le seguenti forme di contenzione:
psicologica, relazionale o emotiva (tecniche di de-escalation): ascolto e osservazione empatica del soggetto finalizzata a promuovere un miglior controllo del comportamento e di eventuali agiti violenti;
ambientale e tecnologica: consiste nell’attuare cambiamenti strutturali e organizzativi anche con il ricorso a forme di sorveglianza (dispositivi tecnologici – videocamere, allarmi alle porte, apertura delle porte con codice o con maniglie di difficile gestione per persone con problemi cognitivi, tag che innescano allarme all’avvicinarsi a una porta, ecc.);
fisica: in cui c’è il contatto fisico diretto con uno o più operatori;
meccanica: applicazione di presidi sulla persona che ne riducano o impediscano i movimenti;
chimica: somministrazione di farmaci (si precisa che la contenzione non coincide con qualsiasi tipo di sedazione e che la sedazione non rappresenta contenzione quando costituisce uno specifico trattamento ed è parte integrante della terapia).
Le suddette forme di contenzione costituiscono un gruppo eterogeneo di interventi che vanno da quelli appropriati e raccomandati dalle buone pratiche (contenzione psicologica, relazionale o emotiva) alle forme più critiche e problematiche (contenzione chimica e meccanica). Queste ultime devono essere oggetto di raccomandazioni finalizzate a ridurne l’impatto negativo sui pazienti e virtualmente a non utilizzarle nella pratica assistenziale.
Alcune osservazioni sulla contenzione
In particolare sulla contenzione meccanica si è focalizzata un’attenzione crescente da parte del Ministero, degli assessorati regionali e dell’Ordine dei medici. Dovrebbe, quindi, essere considerata come un evento sentinella, motivo per cui appare irrinunciabile che venga affrontato per l’intera organizzazione dei servizi sanitari regionali e non solo per la salute mentale. Ciò consente di consolidare l’auspicabile orientamento finalizzato a evitare l’emanazione di leggi e norme speciali per la psichiatria e per la salute mentale.
Appare, quindi, molto importante che l’Assessorato alla sanità della Regione Piemonte, nel suddetto Programma regionale per la gestione del rischio clinico 2020-2022 articolato in 15 azioni, abbia incluso al punto 13: “Pratiche contenitive in ambito sanitario”. In questo documento sono contenute molte delle raccomandazioni proposte dal Ministero (“Superamento della contenzione meccanica nei luoghi di cura della salute mentale”) ma estese a tutto l’ambito sanitario e non solo ai luoghi di cura della salute mentale.
A tale proposito si possono formulare le seguenti osservazioni.
Non è utile emanare leggi speciali per la psichiatria, cosa che accresce lo stigma e il pregiudizio invece di combatterlo.
La contenzione meccanica non è un atto terapeutico, ma un provvedimento da attuare solo in casi eccezionali e in presenza dello stato di necessità, come sancito da una sentenza della Cassazione penale [2].
In quanto evento critico deve essere oggetto di stretto monitoraggio nei luoghi di cura e a livello regionale da parte dei servizi che si occupano di qualità e gestione del rischio clinico.
È, quindi, auspicabile l’attivazione di un osservatorio regionale e nazionale.
È necessario evidenziare che per raggiungere l’irrinunciabile obiettivo del superamento delle forme più critiche e problematiche di contenzione, soprattutto quella meccanica, devono essere previsti idonei finanziamenti e risorse aggiuntive dedicate sia all’organizzazione dei servizi, sia alla formazione continua del personale.
Rispetto agli aspetti organizzativi è indispensabile la disponibilità di risorse sufficienti in quanto è ampiamente considerato inaccettabile dalla letteratura scientifica sul tema che venga attuata la contenzione per ovviare alla scarsità di operatori in servizio, soprattutto nei turni più critici come le notti e i festivi.
Particolare importanza assume la formazione, che è uno strumento fondamentale per ampliare l’impiego di interventi appropriati, non traumatici e raccomandati dalle buone pratiche. I destinatari sono tutti gli operatori delle strutture sanitarie e socio-sanitarie che prestano assistenza ai pazienti sia in condizioni acute, sia croniche, quindi ospedali, strutture di riabilitazione, di lungodegenza, rsa, comunità terapeutiche, ecc.
Quando si ricorre alla contenzione meccanica
Dal punto di vista clinico si possono distinguere tre condizioni a cui è possibile ricondurre i casi che emergono dalla pratica assistenziale e terapeutica.
1) Paziente in condizioni acute, non collaborante, che non è in grado di esprimere né il consenso, né il dissenso alle cure, come spesso accade in contesti di emergenza-urgenza, pronto soccorso, reparti di rianimazione, situazioni post-operatorie con pazienti in stato di alterazione di coscienza acuto e concomitante patologia organica grave che richiede un’assistenza ad alta intensità.
2) Paziente in condizioni croniche, non collaborante, che non è in grado di esprimere né il consenso né il dissenso alle cure, come spesso accade in contesti di riabilitazione e/o lungodegenza. Ciò si verifica soprattutto in ambienti extraospedalieri che assistono pazienti con disabilità intellettive e/o disturbi neurocognitivi. In tale ambito si verifica spesso un ulteriore specifico problema assistenziale costituito dal fenomeno del wandering, cioè un comportamento motorio erratico e poco organizzato che, tra gli altri rischi, comporta quello dell’allontanamento dalla struttura che, anche se non è intenzionale, può avere gravi conseguenze.
3) Paziente che rifiuta le cure e che, se vi sono le condizioni stabilite dalla legge 833/78, art. 34, può essere sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio per malattia mentale il quale, sempre secondo la suddetta legge, può essere effettuato esclusivamente nei servizi psichiatrici di diagnosi e cura degli ospedali generali.
In ogni caso si tratta di persone in condizione di fragilità verso le quali i medici hanno uno specifico obbligo deontologico sancito dall’art. 32 del Codice di deontologia medica:
Doveri del medico nei confronti dei soggetti fragili. Il medico tutela il minore, la vittima di qualsiasi abuso o violenza e la persona in condizioni di vulnerabilità o fragilità psico-fisica, sociale o civile in particolare quando ritiene che l’ambiente in cui vive non sia idoneo a proteggere la sua salute, la dignità e la qualità di vita. Il medico segnala all’Autorità competente le condizioni di discriminazione, maltrattamento fisico o psichico, violenza o abuso sessuale.Il medico, in caso di opposizione del rappresentante legale a interventi ritenuti appropriati e proporzionati, ricorre all’Autorità competente.Il medico prescrive e attua misure e trattamenti coattivi fisici, farmacologici e ambientali nei soli casi e per la durata connessi a documentate necessità cliniche, nel rispetto della dignità e della sicurezza della persona.
Si ricorda, inoltre, che nei confronti delle persone in condizione di incapacità legale e/o naturale la legge stabilisce un obbligo specifico di custodia [3] che vale per tutti i cittadini e non ha una specificità sanitaria, ma si associa agli obblighi attribuiti agli operatori sanitari dalla posizione di garanzia [4].
Vincenzo Villari Psichiatra e psicoterapeuta Coordinatore della Commissione salute mentale Albo degli Psicoterapeuti dell’OMCeO di Torino