A cura di Carlo Flamigni
Sono gravidanze portate avanti da donne che non hanno legami genetici con l’embrione. È una scelta fatta dalle donne per motivi economici o come atto di generosità.
La gravidanza per altri (Gpa) è stata proposta come mezzo per aiutare le donne che, a causa di alcune patologie, non possono portare a termine una gestazione. Con l’avvento della fertilizzazione in vitro, è divenuto possibile trasferire in madri ospitanti embrioni creati con i gameti della coppia committente, evitando così qualsiasi contributo genetico da parte della madre ospitante.
La gravidanza per altri viene considerata eticamente inaccettabile sia nel caso che si tratti di un atto oblativo sia che si tratti di un contratto oneroso.
Il primo riferimento bibliografico a questo tipo di maternità è stato pubblicato nel New England Journal of Medicine da Wulf H. Utian e colleghi nel 1985. Ancora oggi si tende a fare confusione con i termini che definiscono le varie madri surrogate, e lo stesso termine “surrogata” e stato attribuito sia all’ una che all’ altra protagonista. Sono definiti gestational surrogacy, full surrogacy e IVF surrogacy i gameti di una genetic couple, commissioning couple o di intended parents, che vengono impiegati per produrre embrioni in un surrogacy arrangement. Questi embrioni sono successivamente trasferiti a una donna che accetta di agire come ospite. Essa non è in alcun rapporto genetico con i bambini che possono nascere da questo accordo. Quando invece si parla di natural surrogacy o di partial surrogacy, la donna che si propone come ospite viene inseminata con il seme del marito della coppia genetica. È evidente che in questo caso esiste una relazione genetica tra l’ospite e il bambino, perché si tratta di prestito d’utero e di dono di oocita. Esistono due modalità di organizzare una maternità surrogata.
La prima stabilisce un rapporto contrattuale tra le parti ed è evidente che in questi casi la coppia genetica deve pagare un prezzo. Questa maternità surrogata contrattuale è possibile negli Stati Uniti (dove esistono organizzazioni molto efficienti) e in molti paesi dell’est europeo e dell’Asia.
La seconda modalità è quella oblativa, basata quindi su un atto di generosità, costruito generalmente sulle fondamenta di una parentela o di una solida amicizia. Questa maternità surrogata è accettata ad esempio in Inghilterra, anche se il suo percorso è stato molto tormentato. The Warnock Committee in effetti, nel 1984, ne raccomandava la proibizione e solo l’intervento della British medical association (Bma) riuscì a modificare l’atteggiamento del governo inglese. Nel 1985 la Bma ne accettò il principio generale ma solo in casi selezionati con attenti controlli e due anni più tardi la stessa associazione chiarì che, in ogni caso, i medici non avrebbero dovuto partecipare a qualsiasi maternità surrogata e che comunque si trattava di una last resort option (ultima opzione cui ricorrere).
Nel 1990 fu approvato dal Parlamento inglese il documento “The human fertilisation and embriology act” in cui non c’e proibizione nei confronti della maternità surrogata. L’ultimo report della Bma (1996) afferma che “surrogacy is an acceptable option of last resort” (la gravidanza per altri e un’opzione accettabile come ultima risorsa). Le indicazioni principali per ricorrere a una gravidanza per altri sono:
dopo una isterectomia;
per assenza congenita dell’utero;
a seguito di ripetuti fallimenti nella fecondazione in vitro con trasferimento dell’embrione (Fivet);
in caso di abortoricorrente;
se esistono condizioni di saluteincompatibili con una gravidanza.
La gravidanza per altri viene considerata eticamente inaccettabile sia nel caso che si tratti di un atto oblativo sia che si tratti di un contratto oneroso. Nel primo caso si tende a negare che si tratti di una vera donazione e si chiamano in causa problemi, in realtà mai verificati, relativi all’esistenza di un legame unico e insostituibile tra la madre biologica e suo figlio. Nel secondo caso si nega il diritto di decidere in pienaautonomia come utilizzare il proprio corpo, e non si tengono in considerazione le condizioni di estrema povertà che spingono molte donne asiatiche a scegliere questa “professione”. Portare a termine una di queste gravidanze significa per una donna indiana guadagnare più di quanto non riuscirebbe a ottenere in un’intera vita di lavoro, e di conseguenza nutrire i propri figli, curarli se si ammalano e, persino, farli studiare.
La gravidanza per altri, in Italia, è una delle poche proibizioni rimaste nella legge 40/2004 dopo gli interventi della magistratura.
Carlo Flamigni
Carlo Flamigni (4 febbraio 1933 – 5 luglio 2020) è stato docente in Ostetricia e ginecologia. Ha diretto il Servizio di Fisiopatologia della riproduzione e la Clinica ostetrica e ginecologica dell’Università degli studi di Bologna. Ha fatto parte del Comitato nazionale per la bioetica.
Questo testo è tratto dal libro Le parole della bioeticaa cura di Maria Teresa Busca e Elena Nave (Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2021). Per gentile concessione dell’editore.