Non restare in silenzio di fronte al razzismo
Non si tratta di politica. Non si tratta di preservare lo status quo o di avere paura di creare scompiglio. Tutto questo riguarda la vita e la morte.
“Esortiamo tutti i medici e gli esperti di sanità pubblica a prendere posizione contro il razzismo” [1]. Queste le parole con cui Abraar Karan, del Brigham and Women’s hospital e Ingrid Katz, dell’Harvard global health institute, hanno esortato – nel blog The BMJ – i colleghi che lavorano in prima linea per arginare l’emergenza covid a non “rimanere in silenzio” di fronte al più “grande movimento anti-razzismo dagli anni ‘90”, esploso in seguito “all’omicidio di George Floyd” avvenuto poche settimane fa a Minneapolis (Minnesota, Stati Uniti).
Sono stati molti, secondo gli autori, i medici e i rappresentanti della sanità pubblica a tacere la propria opinione in merito agli ultimi atti di razzismo, che “storicamente è stato falsamente politicizzato come una questione di ‘partigianeria’. Non è così, riguarda anche il nostro lavoro. Il razzismo è sempre stato un problema di salute pubblica. Uccide i nostri pazienti, i nostri vicini, i nostri colleghi, i nostri leader”. Tuttavia, in questo momento storico in cui si sollecita il distanziamento sociale per mitigare la diffusione del sars-cov-2, sono in molti a pensare che supportare le manifestazioni anti-razzismo sia “ipocrita” da parte dei medici – come affermano gli autori del BMJ – visto che poche settimane fa si denunciava qualsiasi forma di assembramento, per evitare rischi di contagio. Ma, come sottolineano Karan e Katz, “le folle probabilmente porteranno ad un aumento dei casi di covid-19. Sì, allo stesso tempo però, anche il razzismo proseguirà senza sosta”.
I pazienti afroamericani che contraggono il covid – proseguono gli autori – “hanno tre volte più probabilità di aver bisogno di un ricovero ospedaliero a causa della gravità della malattia”. Inoltre, “la stragrande maggioranza degli Stati Uniti conta un numero sproporzionato di casi di covid tra i pazienti di colore”. Gli stessi che – secondo quanto riportano gli autori – hanno al contempo minori possibilità di accedere ai test diagnostici e meno probabilità di accedere a risorse limitate, come ad esempio ventilatori, “sulla base di algoritmi distorti che tengono conto delle comorbilità e dell’aspettativa di vita”.
“Il razzismo – l’oppressione esplicita e intenzionale di persone appartenenti a minoranze etniche, non per caso, ma per intenzione sistematica nel corso dei secoli e tuttora senza sosta – ha fatto in modo che i pazienti neri fossero al centro dell’epidemia di covid negli Stati Uniti”. In quanto medici, sostengono Karan e Katz, “questo è il momento di parlare. Non si tratta di politica. Non si tratta di preservare lo status quo o di avere paura di creare scompiglio. Tutto questo riguarda la vita e la morte. Nel nostro paese, un agente di polizia si è sentito in diritto di poter mettere il ginocchio sul collo di un uomo nero per 8 minuti e 46 secondi mentre veniva filmato. (…) Non fare nulla e tacere è inaccettabile”.
Molti professionisti del settore sanitario hanno guadagnato visibilità durante questa pandemia, in qualità di esperti, proseguono gli autori. Ebbene, “che utilizzino tali piattaforme per denunciare pubblicamente il razzismo”. Inoltre, risulta chiaro dai dati che mostrano i “tragici effetti del virus sulle comunità nere” che “non è possibile prevenire la diffusione del sars-cov-2 senza prestare attenzione a ciò che veicola il contagio” ed il razzismo è uno di questi driver, negli Stati Uniti.
Gli autori di Harvad esortano infine la comunità scientifica a “proteggere coloro che scelgono di protestare pacificamente contro il razzismo guidandoli con le informazioni necessarie per minimizzare la trasmissione virale”. L’invito è esteso anche alle istituzioni, nel “compiere ogni sforzo per garantire che la lotta contro il razzismo all’interno delle nostre mura sia trasparente; che gli atti di razzismo non siano ignorati e che vengano smantellati; che le persone razziste siano tenute a rendere conto delle loro azioni; che la lotta al razzismo sia parte attiva del percorso di formazione in medicina; che le istituzioni di potere basate su ideologie razziste siano demolite e sostituite; che le persone appartenenti a minoranze etniche siano trattate con il massimo rispetto, equità e giustizia, incluso nel percorso di carriera verso posizioni di leadership; che i pazienti appartenenti a minoranze etniche non vengano più uccisi dal razzismo, che ha ossessionato la medicina fin dal suo inizio. C’è così tanto lavoro da fare”.
Alla fine, ricorderemo non le parole dei nostri nemici ma il silenzio dei nostri amici
Martin Luther King Jr.
Bibliografia
- Karan A, Katz I. There is no stopping covid-19 without stopping racism. The BMJ opinion, June 5, 2020.