La fecondazione assistita è una tecnica di fecondazione extracorporea che prevede la fertilizzazione di uno o più oociti in un terreno di coltura e il successivo trasferimento dell’embrione o di più embrioni nell’utero materno dopo 3-5 giorni dalla fecondazione. Nata per risolvere i problemi della sterilità meccanica (tubarica) femminile, ha visto i suoi primi successi nel 1978. Attualmente è usata in quasi tutti i Paesi del mondo (alla fine del 2015 erano nati oltre 5.000.000 di bambini con questa tecnica) e le indicazioni sono diventate numerose: scarsa fertilità del seme maschile, sterilità di coppia, sterilità idiopatica o da cause non accertate, necessità di provvedere a indagini genetiche sugli embrioni, impedimenti di vario genere al rapporto sessuale.
La tecnica prevede, almeno nella maggior parte dei casi, una stimolazione dell’ovaio che consenta di raccogliere un certo numero di oociti fertilizzabili, poiché la scarsa generosità di risultati può essere superata soltanto trasferendo un certo numero di embrioni (comunque mai più di tre). L’unico momento invasivo della tecnica è quello che prevede il prelievo degli oociti, che si esegue per aspirazione dal follicolo, raggiunto da un ago per via vaginale. Il trasferimento del prodotto del concepimento nella cavità uterina, invece, non è invasivo. Le complicazioni previste riguardano la possibilità di una iperstimolazione ovarica – rischio sempre meno frequente, a causa del continuo miglioramento dei protocolli di stimolazione – e la maggior frequenza di gravidanze e parti plurimi; qualche ricerca epidemiologica riporta un lieve aumento di malconformazioni fetali, ma i dati sono poco omogenei e le possibili cause potrebbero non aver a che fare con la tecnica.
In Italia era stata approvata una legge che si ispirava ai principi dell’etica religiosa dominante nel Paese, ma la Consulta ne ha considerata anticostituzionale la maggior parte.
Dal 1978 sono state messe a punto nuove tecniche, che vengono utilizzate soprattutto nei casi di grave sterilità maschile: l’iniezione intracitoplasmatica degli spermatozoi e l’iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi morfologicamente selezionati. Le probabilità di successo della tecnica sono in rapporto con l’età della donna e scendono a livelli molto bassi, vicini a zero, dopo i 44 anni. La fecondazione assistita ha aperto la strada ad alcune possibilità precedentemente ritenute inattuabili: è possibile la donazione di gameti femminili e di embrioni nei casi in cui la donna o entrambi i partner non siano in grado di contare sui propri gameti; è possibile eseguire una selezione degli embrioni nei casi in cui la coppia sia portatrice di malattie genetiche che si possono trasmettere alla progenie; è possibile per entrambi i partner conservare la propria fertilità per tempi futuri mediante la crioconservazione dei gameti.
Per molti bioeticisti, infine, le fecondazioni assistite sono responsabili di un “conflitto di paradigmi” destinato a modificare il nostro concetto di genitorialità.
In Italia era stata approvata una legge che si ispirava ai principi dell’etica religiosa dominante nel Paese, ma la Consulta ne ha considerata anticostituzionale la maggior parte. Le probabilità di successo che vengono mediamente calcolate in Occidente variano tra il 25 e il 35 per cento per ciclo di trattamento; sono significativamente migliori i risultati delle donazioni di gameti che si aggirano intorno al 50 per cento. Il problema italiano è soprattutto connesso con la presenza sul territorio di un numero eccessivo di centri, soprattutto privati, un fatto che peggiora la percentuale media di successi perché fraziona in modo eccessivo la popolazione delle coppie sterili. Al momento comunque la maggior parte dei trattamenti, inclusi quelli che utilizzano gameti di donatore, è inserita nei livelli essenziali di assistenza (lea); si deve comunque lamentare una scarsa partecipazione ai trattamenti delle unità operative pubbliche e un numero inadeguato di centri privati convenzionati.
Per molti bioeticisti, infine, le fecondazioni assistite sono responsabili di un “conflitto di paradigmi” destinato a modificare il nostro concetto di genitorialità. Lo si può capire meglio se si considerano i temi della ricerca scientifica che appassionano oggi un grande numero di ricercatori e di scienziati e che non sarebbero percorribili senza fecondazione in vitro: editing genetico, trapianto di utero, ectogenesi, donazione di placenta, sostituzione del dna mitocondriale, gravidanza per altri (il cosiddetto “dono del grembo”).
Carlo Flamigni
Carlo Flamigni (4 febbraio 1933 – 5 luglio 2020) è stato docente in Ostetricia e ginecologia. Ha diretto il Servizio di Fisiopatologia della riproduzione e la Clinica ostetrica e ginecologica dell’Università degli studi di Bologna. Ha fatto parte del Comitato nazionale per la bioetica.
Questo testo è tratto dal libro Le parole della bioeticaa cura di Maria Teresa Busca e Elena Nave (Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2021). Per gentile concessione dell’editore.