Fare la guerra ai cardiologi russi e bielorussi. Perché?
Di Camilla Alderighi e Raffaele Rasoini. Sulla controversa presa di posizione della Società europea di cardiologia: vis unita fortior agit.

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Di Camilla Alderighi e Raffaele Rasoini. Sulla controversa presa di posizione della Società europea di cardiologia: vis unita fortior agit.
Foto di Marco Vergano
Il 4 marzo scorso, a poco più di una settimana dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo, la Società europea di cardiologia (Esc) ha pubblicato un comunicato [1] in cui si dichiara la sospensione temporanea della qualifica di membri Esc nei confronti delle società di cardiologia russa e bielorussa.
Nel comunicato si sottolinea come questa decisione si sia resa necessaria per “fornire un messaggio alle leadership russa e bielorussa che sia chiaro e inequivocabile”. Ma la presa di posizione dell’Esc ha fatto molto discutere la comunità scientifica.
Favorevoli e contrari | Da un sondaggio promosso su Twitter da un cardiologo di Boston, Ali Elzieny, è emerso che su 1332 rispondenti il 61 per cento è in disaccordo con la società scientifica europea, mentre il 39 per cento è in accordo. Altre società cardiologiche, come l’American college of cardiology e il Telecardiology working group dell’International society for telemedicine and eHealth, hanno pubblicato dichiarazioni in contrapposizione alla decisione dell’Esc, sottolineando da un lato come l’esclusione di membri dalle società scientifiche possa essere discriminante, e ribadendo d’altra parte il proprio appoggio e supporto ai colleghi in Ucraina.
Di fronte all’invasione arbitraria di uno stato indipendente e alle gravissime ripercussioni della guerra soprattutto sui civili, in molti hanno giustificato la posizione dell’Esc con la necessità di dover dare una risposta di ferma opposizione a quello che sta accadendo. Alcuni hanno anche visto in questa dichiarazione un continuum coerente con le sanzioni che molti governi, e anche molte aziende private, stanno applicando nei confronti della Russia. L’obiettivo delle sanzioni, infatti, non è solo quello di generare un danno economico al Paese che le subisce, ma anche di creare disservizi a vari livelli, così da sviluppare pressioni nei confronti della leadership russa affinché quest’ultima interrompa le violenze.
Tuttavia, non è chiaro – e il brevissimo comunicato dell’Esc non aiuta nella comprensione di questo aspetto – in che modo e misura l’esclusione dalle attività dell’Esc sia in grado di favorire questo obiettivo. D’altra parte, questa esclusione acuisce l’isolamento culturale dei cardiologi russi e bielorussi, con potenziali conseguenze negative sui loro pazienti.
Qualcuno ha giustificato la posizione dell’Esc ipotizzando che una parte non trascurabile della classe medica russa si collochi in accordo con il potere centrale. In un Paese in cui viene sistematicamente praticata la censura del dissenso, nessuno può affermare di conoscere la posizione di ogni membro della comunità medica russa nei confronti dell’invasione dell’Ucraina; tuttavia, almeno è ben evidente la posizione dei 15.000 operatori sanitari russi che, tre giorni prima del comunicato dell’Esc, hanno firmato una lettera aperta diretta a Vladimir Putin per richiedere la cessazione immediata dell’invasione [2].
Non cerchiamo i colpevoli e non giudichiamo nessuno. La nostra missione è salvare vite umane.
Lettera aperta degli operatori sanitari russi a Vladimir Putin
Mentre in Russia le informazioni alla popolazione sono dirottate e distorte, e ogni forma di opposizione alle decisioni del potere centrale viene sistematicamente cercata, intercettata e punita, una presa di posizione pubblica e riconoscibile di dissenso come quella da parte dei colleghi russi è un atto di grande coraggio che comporta anche dei rischi.
La lettera aperta a Vladimir Putin | I medici, infermieri e paramedici russi scrivono a Putin di opporsi fermamente alle azioni militari condotte dalle forze armate russe sul territorio dell’Ucraina. “Non cerchiamo i colpevoli e non giudichiamo nessuno. La nostra missione è salvare vite umane. È difficile immaginare una professione più umana di un medico. E ora, in questo momento difficile per entrambi i Paesi, chiediamo l’immediata cessazione delle ostilità e la risoluzione di tutte le questioni politiche esclusivamente con mezzi pacifici. Come sempre, non dividiamo le persone in amici e nemici. Abbiamo giurato di aiutare qualsiasi essere umano, indipendentemente dalla nazionalità, religione o opinioni politiche. Ma oggi il nostro aiuto non basta. La guerra richiederà molte vite e paralizzerà così tanti destini che non avremo il tempo di aiutare nonostante tutti gli sforzi possibili. Tutti urleranno di dolore e grideranno alle madri nella stessa lingua. (…) La vita umana non ha prezzo. Ci vuole un momento per essere uccisi in azione, mentre il trattamento e il recupero delle vittime possono richiedere anni. E per i momenti della guerra di oggi, pagheremo molti anni dopo. Non importa come l’uso di armi letali sia giustificato, rimangono mortali. Mortale e causando dolore e sofferenza. Pertanto, seguendo i nostri giuramenti e mantenendo un trattamento umano e paritario di tutte le vite, chiediamo l’immediata sospensione di tutte le operazioni con l’uso di armi letali” [2].
Un’altra considerazione sulla posizione dell’Esc non può prescindere dalle conseguenze della guerra, proprio dal punto di vista delle malattie cardiache. Una rassegna di 65 studi condotti in 23 conflitti armati ha osservato come, oltre alle conseguenze sanitarie più immediate dei conflitti sui civili, come traumi, malattie infettive e malnutrizione, tra le conseguenze a medio e lungo termine sia da includere un netto aumento di infarti cardiaci e di ictus cerebrali [3]. Le cause di questo sarebbero da attribuire a un insieme di fattori come l’impatto dello stress sulla pressione arteriosa, la disgregazione dei sistemi sanitari, la sospensione di screening e il ridotto accesso a visite, farmaci e interventi. In maniera analoga, un aumento netto della mortalità per cause cardiovascolari è stato osservato in Paesi andati incontro a recessione economica, sociale e politica, proprio come l’ex Unione Sovietica nei primi anni novanta [4].
La mission dell’Esc, come riportato sul suo sito web, è quella di “ridurre il carico delle malattie cardiovascolari”. Dalla sua posizione rappresentativa di società cardiologiche anche al di fuori dell’Unione europea, non è quindi difficile immaginare un ruolo attivo e centrale di Esc verso contesti di grande necessità sul piano cardiovascolare.
E non è difficile neanche immaginare che gruppi di sanitari russi e ucraini, favoriti dall’asset comunicativo e organizzativo comune che Esc sarebbe in grado di fornire, potrebbero svolgere un lavoro molto importante, non solo di supporto diretto, ma anche di ricerca sulle conseguenze cardiovascolari e sui loro possibili rimedi nell’ambito di conflitti armati e di situazioni di recessione ad essi connesse. Lo sviluppo di linee guida di prevenzione e gestione di questi stessi effetti rientrerebbe pienamente tra gli obiettivi anche formativi per cui l’Esc si è costituita.
Come ha scritto Gino Strada, chirurgo di guerra e fondatore di Emergency, “la guerra è il simbolo di questo mondo umano senza diritti, a cominciare da quello di restare vivi” [5]. Lavorare nell’ambito della cura significa anche farsi garanti della tutela del diritto inalienabile alla salute soprattutto dei più vulnerabili, indipendentemente da ogni input divisivo.
A questo proposito, un articolo pubblicato nel 2019 dall’European Heart Journal – la rivista principale di Esc – ricorda e celebra i cardiologi Bernard Lown, statunitense, ed Eugene Chazov, russo, che nel 1980, all’apice della guerra fredda, ebbero l’idea di unirsi per fondare il Gruppo internazionale di medici per la prevenzione della guerra nucleare, ponendo il loro servizio di tutela della salute della popolazione al di sopra di ogni divisione, e ricevendo per questo il premio Nobel per la Pace. Nonostante la diversità del contesto storico, il presupposto rimane lo stesso: la prima vittima della guerra è la salute di tutti coloro che vi si trovano coinvolti, direttamente o indirettamente.
La guerra è il simbolo di questo mondo umano senza diritti, a cominciare da quello di restare vivi.
Gino Strada
Di fronte a questo, le società scientifiche non possono aspettarsi di affermare un loro ruolo attraverso dichiarazioni divisive, ma dovrebbero rintracciare quel ruolo proprio nello scopo stesso per cui sono nate: fornire risposte che siano atti inclusivi e propositivi, nell’ottica di costituire un riferimento per il dialogo e l’unione di tutta la comunità scientifica.
Le società scientifiche dovrebbero rintracciare quel ruolo proprio nello scopo stesso per cui sono nate: fornire risposte che siano atti inclusivi e propositivi.
Come cardiologi di un Paese membro, ci auguriamo una posizione dell’Esc che sia coerente con la propria mission. Ponendosi al cuore della comunicazione internazionale tra tutti i sanitari, l’Esc si porrebbe soprattutto come un organo al servizio di tutti i vulnerabili.
Camilla Alderighi e Raffaele Rasoini
Associazione Alessandro Liberati – Cochrane affiliate centre
Bibliografia
Di Maurizio Bonati.
Proteggere i minori dalle bombe e dalla violazione dei loro diritti.
Di Pirous Fateh-Moghadam
La prevenzione della guerra è compito dell’intera società, in particolare dei professionisti sanitari. Cosa fare?
Il richiamo al giuramento professionale di Filippo Anelli, presidente della FNOMCeO.