A cura di Carlo Alberto Defanti
Disciplina nata nel diciannovesimo secolo con lo scopo di migliorare la specie umana. Attualmente si parla di eugenetica nel caso di consulenze genetiche.
L’eugenetica nasce nell’ottocento, negli anni successivi alla pubblicazione dell’Origine delle specie di Charles Darwin (1859) e in stretto rapporto con la teoria dell’evoluzionismo, a opera dello stesso cugino di Darwin, Francis Galton. Quest’ultimo dopo aver condotto studi sull’ereditarietà dell’intelligenza, si propose il compito di migliorare il livello intellettivo dell’umanità incoraggiando l’unione tra personedi alto livello e scoraggiando quella tra le altre. In un secondo momento Galton espresse il timore che il venir meno del meccanismo della selezione naturale nelle società umane potesse condurre, e anzi stesse già conducendo, a un declino della specie.
Giunse così a proporre (1883) un nuovo campo di studi che avesse come oggetto “le influenze che migliorano le qualità innate di una razza e di quelle che le sviluppano per il massimo vantaggio” e lo denomino “eugenetica” (eugenics). Il movimento si diffuse lentamente sia in Europa che negli Stati Uniti, malgrado gli eugenisti procedessero allora su un terreno scientifico quanto mai incerto: nulla si sapeva allora sui meccanismi dell’ereditarietà e tutta la costruzione galtoniana si appoggiava su una ingegnosa descrizione matematica delle differenze interindividuali e del loro succedersi nelle generazioni.
Quali erano le tesi cruciali dell’eugenetica? Schematicamente:
• gli uomini sono profondamente diversi fra loro quanto al loro valore intrinseco e (anche se non per tutti gli studiosi) esistono differenze fondamentali tra le razze umane; • queste differenze sono di natura strettamente genetica; • l’influenza dell’ambiente su queste differenze è secondaria.
Date queste premesse, compito dell’eugenetica sarebbe stato di proporre ai governanti rimedi atti a migliorare il valore complessivo della popolazione, attuando un controllo sociale della riproduzione che non avrebbe dovuto esser lasciata al caso e all’arbitrio individuale, ma diventare responsabilità e addirittura “dovere religioso” dei cittadini. Sul piano teorico si distinsero un’eugenetica positiva (tesa al miglioramento della specie attraverso la nascita dei soggetti “migliori”) e una negativa (volta a evitare la riproduzione dei soggetti unfit). Giova ricordare che, quando la genetica scientifica cominciò a svilupparsi nel primo Novecento, buona parte degli studiosi di genetica aderirono al movimento eugenetico e che solo dopo gli anni Trenta del Novecento le due discipline si allontanarono fra loro. L’eugenetica conseguì diversi risultati politici, nel senso dell’emanazione di norme a carattere eugenetico in diversi Paesi a regime liberaldemocratico (anche se alcune di esse, come le sterilizzazioni forzate dei disabili, ci appaiono oggi chiaramente illiberali).
In realtà alcuni dei problemi posti dagli eugenisti erano reali; se l’obiettivo di “migliorare la razza” non è accettabile in una società liberale, la possibilità di prevenire – su richiesta dei genitori – la nascita di persone con gravissime malattie genetiche non può essere scartata a priori su basi ideologiche.
Presso alcuni studiosi e in certi ambiti della destra prese piede l’idea di fondare sui dati biologici una politica razionale, “scientifica”; ciò avvenne soprattutto (ma non soltanto) in Germania, Paese in cui il riferimento fondamentale divenne il popolo, il Volk, entità sopraindividuale, al tempo stesso biologica e culturale, alla quale ogni esigenza degli individui avrebbe dovuto essere subordinata. In quel Paese, dopo l’avvento al potere di Hitler, furono prontamente adottate norme eugenetiche coattive, parallelamente alle norme specifiche contro la “razza” ebraica. Questo sviluppo rappresentò una vera e propria “rottura” nella storia dell’eugenetica che, a partire dalla seconda guerra mondiale, ne fu irrimediabilmente screditata, tanto che oggi definire eugenetica una pratica riguardante la riproduzione equivale per molti a condannarla.
In realtà alcuni dei problemi posti dagli eugenisti erano reali; se l’obiettivo di “migliorare la razza” non è accettabile in una società liberale, la possibilità di prevenire – su richiesta dei genitori– la nascita di persone con gravissime malattie genetiche, attraverso la diagnosi prenatale e il pre-impianto, non può essere scartata a priori su basi ideologiche. Oggi le persone che temono di essere portatrici asintomatiche di malattia spesso chiedono il counseling genetico. È regola universalmente accettata dai genetisti che esso debba avvenire unicamente su richiesta dei potenziali genitori e abbia carattere strettamente non direttivo. È vero che si tratta di un processo non privo di difficoltà, ma queste avrebbero un peso certamente secondario rispetto all’importanza di fornire corrette informazioni a chi le richiede, avendo cura di non influenzare le decisioni che ne conseguono.
È vero, altresì, che il counseling genetico potrebbe essere considerato una pratica eugenetica in quanto assicura la nascita di figli sani, ma esso non è finalizzato al miglioramento della qualità genetica della popolazione, bensì al benessere degli individui. Inoltre, non comporta nessuna coercizione, nessuna discriminazione né razzismo, non implica denigrazione del mondo della disabilità. È stato obiettato che tenderebbe a imporre modelli arbitrari di perfezione e potrebbe creare ineguaglianza sociale, ma, se è vero che i modelli di perfezione sono soggettivi, è altrettanto vero che certi aspetti, quali la salute e il vigore fisico e mentale, sono tratti universalmente desiderabili; inoltre, non è mai stato dimostrato che esso conduca all’ineguaglianza sociale.
Carlo Alberto Defanti Consulta di bioetica onlus Gruppo di studio di bioetica della Società italiana di neurologia
Questo testo è tratto dal libro Le parole della bioeticaa cura di Maria Teresa Busca e Elena Nave (Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2021). Per gentile concessione dell’editore.
A cura di Matteo Cresti
L’insieme di comportamenti, attitudini e caratteristiche che riguardano aspetti biologici, psicologici, sociali e culturali della...