A cura di Maurizio Mori
L’insieme di norme e valori fortemente interiorizzati e razionalmente giustificati che sono seguiti spontaneamente e la cui violazione è fonte di profondo disagio.
Il termine “etica” deriva dal greco ethos, tradotto in latino con mos-moris da cui deriva “morale”. Etica e morale sono sinonimi anche se in alcuni contesti specifici i due termini possono assumere significati distinti e diversi. Qui sono usati come equivalenti e con etica si intende una specifica istituzione, ossia un apparato più o meno strutturato e solido teso a svolgere una funzione sociale. Esempi di istituzione sono il diritto, che è un’istituzione strutturata con procedure ben definite (scritte) e molto solida con specifici edifici (i tribunali, le prigioni ecc.), e la lingua che è invece un’istituzione più fluida, in quanto e quasi impalpabile e non ha uno specifico luogo di produzione. Le istituzioni servono per evitare il conflitto e favorire un adeguato livello di coordinamento della vita sociale, beni preziosi per via dei grandi vantaggi che comportano. Per ottenere tale risultato si richiede che i vari protagonisti conoscano in anticipo i valori e le norme che regolano la condotta altrui, per potersi posizionare di conseguenza.
Con etica si intende una specifica istituzione ossia un apparato più o meno strutturato e solido teso a svolgere una funzione sociale.
La società fiorisce quando le norme e i valori diffusi e condivisi rendono abbastanza prevedibile il comportamento altrui consentendo il coordinamento sociale, la cui realizzazione e l’obiettivo di diverse istituzioni, tra cui ne spiccano tre che hanno funzione esplicitamente normativa, ossia l’etica, il diritto e il costume. Per chiarire che cos’e l’etica, esaminiamo che cosa l’accomuna e la differenzia dalle altre due istituzioni ricordate.
Col diritto l’etica condivide molte norme come il non uccidere o il non rubare, ma differisce da esso nel modo di intenderle. Le norme giuridiche sono stabilite arbitrariamente, ossia per volontà del potere sovrano, il quale le promulga con forme precise e impone che siano seguite non di per sé, ma per evitare la sanzione o conseguire un beneficio. I precetti etici, invece, appaiono essere universali e tanto esigenti da essere vincolanti di per sé al punto da essere seguiti spontaneamente dalle persone e da essere proposti come criterio per formulare e varare nuove norme giuridiche.
Anche col costume l’etica condivide molte norme e valori, ma soprattutto condivide il compito di orientare le preferenze profonde delle persone e indirizzare i loro gusti in modo tale che essi appaiano così ovvi e scontati da dover essere condivisi e seguiti da tutto il gruppo. In questo senso l’etica nasce dal costume ed è una sorta di “costume speciale” o “raffinato”, perché è quella parte di costume che emerge e si staglia dalla base per via di una peculiare autoconsapevolezza di sé che le consente di porsi a guida di tutte le istituzioni normative. Ciò avviene perché, almeno in occidente, il costume stesso ci porta a distinguere tra alcune norme arbitrarie, in quanto dipendenti solamente dalle abitudini invalse e che per questo possono cambiare senza troppe conseguenze negative (come ad esempio il guidare a destra invece che a sinistra), e norme fondamentali che non dipendono dalla mera consuetudine, ma che sono razionalmente giustificate, ossia sostenute da buone ragioni, e il cui cambiamento produrrebbe immani calamità.
L’etica va distinta dalle mere opinioni ricevute dal costume, che possono rivelarsi essere pregiudizi e tabù.
La persona comune di solito non è in grado di individuare le ragioni a sostegno della norma in questione, ma crede che esse ci siano, e che ci siano saggi e studiosi che sappiano identificarle: per questo esse non sono arbitrarie. È quest’aspetto insito nel costume (occidentale) che genera l’etica, ossia la specifica istituzione tesa a controllare se le opinioni ricevute dal costume che sono sentite come ovvie e scontate e ritenute essere razionalmente giustificate lo siano davvero, cioè se possano veramente contare sulle buone ragioni che si presumeva le sostenessero. Ove il vaglio critico desse esito negativo, l’opinione ricevuta dal costume diventa un tabù o un pregiudizio ossia un precetto fortemente sentito ma privo di giustificazione razionale.
L’etica va distinta dalle mere opinioni ricevute dal costume, che possono rivelarsi essere pregiudizi e tabù: essa è costituita da norme e valori fortemente interiorizzati e razionalmente giustificati che sono seguiti spontaneamente e la cui violazione è fonte di profondo disagio (rimorso).
Maurizio Mori Presidente della Consulta di bioetica onlus Direttore della Scuola superiore di bioetica
Questo testo è tratto dal libro Le parole della bioeticaa cura di Maria Teresa Busca e Elena Nave (Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2021). Per gentile concessione dell’editore.