Quali cambiamenti dobbiamo aspettarci dopo la nomina della prima donna nera come editor-in-chief di una delle riviste mediche più conosciute del mondo? L’annuncio è arrivato lunedì 11 aprile 2022 direttamente dall’ufficio stampa della American medical association [1]: a un anno di distanza da quando il JAMA era stato coinvolto in una burrasca mediatica successiva a un podcast dai toni giudicati razzisti, Kirsten Bibbins-Domingo è stata nominata direttore della rivista.
Medico internista, epidemiologa e ricercatrice dell’Università della California San Francisco, si è distinta durante la pandemia di covid-19 come una delle voci che più chiaramente si sono espresse raccomandando equità e giustizia nelle decisioni delle istituzioni sanitarie [2]. Bibbins-Domingo – che ha contribuito a fondare l’UCSF Center for vulnerable populations presso lo Zuckerberg San Francisco General Hospital – sostituirà Howard Bauchner, specialista in pediatria, che ha ricoperto l’incarico per dieci anni. Entrerà ufficialmente nel nuovo ruolo il venerdì 1 luglio, subentrando a Phil Fontanarosa, che è stato direttore ad interim negli ultimi mesi.
In un’intervista, la nuova editor ha dichiarato al magazine online STAT che ha accettato l’incarico essendo convinta che la rivista abbia comunque già adottato le misure necessarie per governare qualsiasi pregiudizio, anche dotando tutte le redazioni dei periodici del JAMA Network di un responsabile per le tematiche riguardanti l’equità dell’accesso ai servizi sanitari. “Il lavoro per l’equità sanitaria per me è parte integrate della mia professione di medico” ha dichiarato. “È una delle maggiori sfide nella medicina moderna e nell’assistenza sanitaria di oggi e nella società in generale”. La pandemia di covid-19 ha reso ancora più evidenti le drammatiche differenze nell’accesso alle cure da parte di popolazioni tradizionalmente discriminate: donne, poveri, persone di colore o appartenenti a minoranze etniche, persone senza fissa dimora o sofferenti di disturbi psichici. “La definizione di «razzismo strutturale» [questa l’accusa mossa alla rivista dell’American medical association dopo l’avventata pubblicazione del podcast] è fondamentale per inquadrare la sanità attuale e per comprendere le nette disuguaglianze che vediamo nell’accesso ai servizi sanitari” ha commentato Bibbins-Domingo alla redazione di STAT, lamentando una sorta di «cecità» su queste questioni e sottolineando il ruolo chiave che le grandi riviste scientifiche internazionali possono giocare nell’orientare il punto di vista dei professionisti sanitari sulle questioni etiche che attraversano con sempre maggiore intensità la medicina contemporanea.
Le donne nell’informazione scientifica | Kirsten Bibbins-Domingo non è la prima donna ad assumere l’incarico di direttore del JAMA, dal momento che la pediatra della Johns Hopkins University Catherine D. DeAngelis ha ricoperto la carica dal 2000 al 2011. Nella rete di periodici dell’Ama, una figura di rilievo è quella di Rita Redberg, direttrice del JAMA Internal Medicine, rivista molto prestigiosa un tempo nota come Archives of Internal Medicine. Redberg è specialista in cardiologia e come la nuova editor-in-chief della rivista sorella è docente presso la UCSF dove insegna e lavora nella divisione di Women’s Cardiology. Grande prestigio e autorevolezza è stata raggiunta anche da Fiona Godlee nei sedici anni di direzione del BMJ (2005-2021). Esperienza raccontata al BMJ al momento dei saluti: “Non ho mai percepito la sensazione che essere donna avrebbe dovuto trattenermi dal fare qualcosa. In effetti, sono rimasta davvero sorpresa dall’interesse suscitato dal fatto che io fossi la prima editor donna. Mi sentivo in imbarazzo a doverlo gestire. Ma ho capito che andava festeggiato il fatto che l’emancipazione femminile e il femminismo avessero raggiunto lo stadio in cui avevo potuto assumere quel ruolo e non ho davvero messo in dubbio di accettare l’incarico. E dobbiamo tenere a mente quanto ancora c’è da fare per la maggior parte delle donne in tutto il mondo” [3].
Parlando con i giornalisti, la nuova editor-in-chief ha definito la nuova posizione “veramente un lavoro da sogno” suscitando anche commenti ironici. Infatti, l’American medical association è non soltanto un’organizzazione molto autorevole ma anche un’impresa assai solida dal punto di vista economico. Il ruolo di editor-in-chief è retribuito generosamente, se è vero che il precedente direttore percepiva un compenso di 1.057.572 di dollari l’anno [4]. Dei circa 1,1 milioni di medici attivi negli Stati Uniti, solo circa 130.000 medici sono iscritti all’associazione [5]. Le quote di iscrizione variano e la maggior parte dei soci paga circa 400 dollari l’anno, sebbene gli studenti di medicina e gli specializzandi siano esentati dal versamento della quota annuale. In definitiva, le quote di iscrizione non costituiscono la voce di ricavo principale dell’associazione (circa 37 milioni di dollari l’anno e l’11% in percentuale). Il giro d’affari dell’Ama era di 332 milioni di dollari nel 2018, in crescita rispetto ai 317 dell’anno precedente. La maggiore fonte di entrate è rappresentata dalle royalties per i diritti di utilizzazione del sistema di codifica messo a punto dall’associazione (Current Procedural Terminology), che ammontavano a 159 milioni di dollari (48% delle entrate), seguite da abbonamenti e reprint di articoli ($61 milioni o 18% delle entrate), vendite di copie da magazzino ($25 milioni o 8%), redditi da investimenti e utili sulla cessione di attività ($26 milioni o 8%) e pubblicità ($16 milioni o 5%). In sostanza, quasi l’80% delle entrate proviene da tre fonti: royalties, abbonamenti, ristampe e credenziali e quote associative [5].
Il compito di Kirsten Bibbins-Domingo non si presenta facile. Sebbene sia un settore industriale molto florido (i grandi protagonisti dell’editoria scientifica professionale generano profitti in misura pari a quelli delle più note aziende del settore digitale, da Amazon a Google ad Apple), le sollecitazioni culturali che giungono alle principali riviste scientifiche obbligano a un continuo ripensamento dei canali, degli strumenti e dei modi di comunicazione con la comunità scientifica. Pensiamo per esempio al dilemma in cui si trovano le case editrici (e le redazioni delle riviste accademiche) dovendo decidere se aderire o meno al vibrante invito della coAlition S, un’iniziativa per trasformare in realtà l’accesso aperto completo e immediato alle pubblicazioni di ricerca [6]. A partire dal 2021, tutte le pubblicazioni accademiche disponibili ad accogliere i risultati della ricerca finanziata da contributi pubblici o privati ed enti finanziatori nazionali, regionali e internazionali devono essere pubblicate su riviste che prevedano la modalità open access o rese immediatamente disponibili tramite repository ad accesso aperto senza embargo.
Si tratta solo di una delle molte sfide che la nuova editor del JAMA dovrà affrontare: dobbiamo guardare con interesse e partecipazione simile a quella che traspare dai tantissimi messaggi che Bibbins-Domingo sta ricevendo su Twitter (a proposito, possiamo seguirla @KBibbinsDomingo): “Una perdita per @UCSFHospitals e una vittoria per @JAMANetwork” ha scritto Redberg; “Outstanding choice” ha aggiunto Stacie Dusetzina; “What a great choice!” è il tweet del giovane oncologo Bishal Gyawali che si aggiunge alle congratulazioni di centinaia di grandi personalità della medicina statunitense e internazionale.