A cura di Elena Nave
La condizione di rischio in cui si può trovare un professionista sanitario quando deve fronteggiare interessi contrastanti e quindi decidere quali far valere
Nell’ambito dell’assistenza sanitaria e della ricerca scientifica, con tale espressione si intende la condizione di rischio in cui un professionista o operatore può venire a trovarsi quando, nell’esercizio del proprio mestiere, deve fronteggiare interessi diversi, tra loro in opposizione, e decidere quale fare prevalere. Se lo svolgimento di una professione sanitaria prevede sempre che vengano considerati preminenti il rispetto del pazientee la sua salute (così come, nella ricerca, il rispetto del partecipante e l’onestà nella produzione e diffusione dei risultati), tali obiettivi possono confliggere con l’interesse personale del professionista sanitario (di aumentare gli introiti economici, di progredire nella carriera, di ottenere prestigio e vantaggi sociali) o con l’interesse di altri (dell’azienda sanitaria o dell’università in cui opera, della società scientifica a cui afferisce, della casa farmaceutica che sponsorizza le sue ricerche e così via).
Il problema etico si crea quando il giudizio del professionista/ricercatore viene influenzato al punto da intaccarne obiettività e indipendenza, portandolo a condotte che violano i basilari principi dell’etica medica e dell’integrità della ricerca.
La presenza di interessi secondari non è biasimevole di per sé. Il problema etico si crea quando il giudizio del professionista/ricercatore viene influenzato al punto da intaccarne obiettività e indipendenza, portandolo a condotte che violano i basilari principi dell’etica medica e dell’integrità della ricerca. I possibili esempi sono molti perché la condizione di conflitto di interesse (Cdi) può insorgere in tutti i settori della filiera della cura della salute umana (dalla pratica clinica alla ricerca, dall’amministrazione alle politiche sanitarie, dall’associazionismo dei pazienti alle opere di divulgazione scientifica) e può riguardare varie figure professionali. Chi opera nel settore sanitario può essere del tutto consapevole della condizione di rischio in cui si trova (si pensi al medico che riceva ingenti finanziamenti da un’azienda farmaceutica per realizzare ricerche allo scopo di verificare l’efficacia dei farmaci che essa produce) oppure esserne consapevole in maniera parziale (si pensi in via generale alla difficolta di percepire i condizionamenti che la collaborazione con l’industria e in grado di produrre).
Vi sono due elementi, in particolare, che possono aumentare il rischio di Cdi:
1. la rete di relazioni di chi opera nel settore, la quale, oltre al paziente, lega a molti partner (al team di cura, ai colleghi, all’azienda in cui si svolge l’attività, alle società scientifiche, agli editori scientifici, ai rappresentanti delle industrie farmaceutiche, ai fornitori di presidi sanitari e così via);
2. la costitutiva asimmetria informativa che segna una certa quantità di tali relazioni, prima tra tutte quella tra paziente e medico.
È dunque un rischio, quello del Cdi, molto comune perché insito nelle condizioni contestuali in cui si trova a operare il professionista della salute, e per il riconoscimento e la gestione del quale egli deve essere sistematicamente formato. Da tempo sono stati introdotti alcuni strumenti, procedurali e/o normativi, per limitare l’effetto della presenza di Cdi o almeno favorirne la pubblica consapevolezza. I principali sono i codici etici e le norme che le società e riviste scientifiche si sono date, e la Cdi form, ossia la dichiarazione che i professionisti sono chiamati a fornire, nella quale si rendono noti le collaborazioni e i finanziamenti ottenuti dalle industrie farmaceutiche, biomedicali (produttrici di device e presidi) o di altro tipo (alimentare, del tabacco e così via).
Elena Nave Comitato etico interaziendale, Aou Città della salute e della scienza di Torino Ao Ordine Mauriziano – Asl Città di Torino Consulta di bioetica onlus
Questo testo è tratto dal libro Le parole della bioeticaa cura di Maria Teresa Busca e Elena Nave (Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2021). Per gentile concessione dell’editore.