Comitati per l’etica nella clinica in Italia: un’opportunità da non perdere
Ludovica De Panfilis apre un confronto

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Ludovica De Panfilis apre un confronto
La riflessione sul ruolo della bioetica all’interno delle strutture di cura – la cosiddetta bioetica empirica o applicata o descrittiva [1,2] – è diventata sempre più presente negli ultimi anni, principalmente a livello internazionale [3-5] ma anche nel nostro Paese, seppur con ampio ritardo rispetto al nord America e al nord Europa.
La disciplina, infatti, dopo essere stata per molto tempo appannaggio quasi esclusivo del mondo accademico – e di conseguenza di una certa riflessione di tipo puramente normativo – si è aperta alla concretezza dei bisogni e dei problemi quotidiani di chi “vive” in prima persona l’assistenza, le cure, le relazioni terapeutiche. Risultato di questo ampliamento del campo d’azione della bioetica è stato, principalmente, lo stimolo a cercare le modalità più idonee affinché la bioetica potesse funzionare da “strumento di cura”, sia come attività di “consulenza etica” [6] che come competenza acquisita da parte dei professionisti sanitari [7] che, infine, come cornice entro cui muoversi per orientare le policy aziendali, I progetti di ricerca, la relazione di cura quotidiana.
La strada è stata tracciata, ma siamo ancora molto lontani dall’individuazione della modalità migliore per portare avanti un lavoro strutturato su questi temi. Si può sostenere che siamo ancora in una fase di “raccolta dati” ed esperienze, ma abbiamo sicuramente individuato quelli che potenzialmente possono essere i risultati di questo approccio [8], ovvero:
In Europa e, conseguentemente, anche in Italia una delle principali modalità di “portare l’etica al letto del paziente” è stata la creazione dei comitati per l’etica nella clinica (variamente definiti comitati, nuclei etici, gruppi etici ecc. [9, 10]. Questi organismi, ove presenti, lavorano in parallelo ai comitati etici territoriali dedicati principalmente alla valutazione delle sperimentazioni cliniche e sanitarie.
Come chiarito dal Comitato nazionale per la bioetica (Cnb) nel 2017, i comitati per l’etica nella clinica rappresentano comitati “di un ospedale, o di un’altra istituzione, istituiti per considerare le dimensioni etiche della cura del paziente e/o altri aspetti dell’organizzazione istituzionale che lo coinvolgono” [9].
In altre parole, il comitato per l’etica nella clinica è un organo indipendente, multidisciplinare, volto a supportare la pratica clinica attraverso una serie di attività come la consulenza etica su casi clinici eticamente complessi, la formazione agli operatori e la produzione di linee guida su argomenti etici rilevanti [11].
Al contrario di quanto accaduto per i comitati etici dedicati alla valutazione di studi clinici – oggetto di regolamenti a livello nazionale ed europeo sempre più specifici negli anni [12] – i comitati per l’etica nella clinica sono stati finora materia di organizzazione per lo più locale e regionale. Mentre, infatti, alcune realtà come la Toscana, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia si sono dotate di questi organismi in modo strutturato – anche se con caratteristiche differenti – la maggior parte delle realtà italiane sono completamente sprovviste di comitati per l’etica nella clinica o di organismi con funzioni simili, come servizi di supporto etico variamente strutturati. Fanno eccezione alcune Regioni come l’Emilia-Romagna o il Lazio, dove sono presenti singole esperienze non organizzate a livello regionale, ma solo aziendale [10,11].
Etica della relazione di cura ed etica pubblica si incontrano e scontrano nel tentativo di fornire risposte che abbiano una giustificazione morale, poiché le domande poste necessitano di una contestualizzazione di tipo etico.
L’assenza di questi comitati diventa ancora più rilevante e significativa in un periodo, come quello attuale, in cui le domande di tipo etico sono sempre più frequenti e stringenti. Non solo il progresso scientifico e le nuove tecnologie pongono sempre più spesso la domanda relativa a ciò che è lecito fare tra tutte le cose possibili [13], ma anche le normative più recenti chiedono al mondo sanitario un surplus di riflessione morale sulle pratiche attuate e attuabili [14,15].
Per fare due esempi tra i tanti che si potrebbero citare, l’impatto della pandemia di covid-19 nel nostro Paese e le conseguenti scelte di allocazione delle risorse oppure il tema del suicidio medicalmente assistito, interrogano dal punto di vista etico non solo i professionisti sanitari e i dirigenti, ma anche il decisore politico e la cittadinanza. Etica della relazione di cura ed etica pubblica si incontrano e scontrano nel tentativo di fornire risposte che abbiano una giustificazione morale, poiché le domande poste necessitano di una contestualizzazione di tipo etico.
La gestione della carenza di risorse in una condizione straordinaria ed emergenziale come quella del covid-19 ad inizio 2020, la distribuzione dei vaccini e la loro allocazione, l’obbligatorietà di certe misure e l’impatto che esse hanno avuto sulla cittadinanza, l’etica della comunicazione scientifica ecc, hanno richiesto di dover prendere delle decisioni difficili, che necessitavano anche di giustificazioni dal punto di vista morale [16,17].
Allo stesso modo, rispondere alle richieste di suicidio medicalmente assistito in assenza di una legge specifica [15], domanda una serie di questioni etiche ineliminabili, a partire dal diritto all’autodeterminazione, l’obiezione di coscienza, la comunicazione corretta con la persona ammalata, l’equità di accesso a questa possibilità. La gestione di tali aspetti, affidata per decreto ministeriale ai comitati etici territorialmente competenti [18], sarebbe al contrario opportunamente svolta da un comitato per l’etica nella clinica, proprio per la delicatezza del compito da svolgere e la necessità di competenze specifiche di consulenza etica, a tutela della vulnerabilità dei pazienti. Come specificato dalla postilla contenuta all’interno del parere del Consiglio nazionale di bioetica in merito [19] valutare un protocollo di ricerca e un caso di etica clinica sono due compiti significativamente diversi ed è, pertanto, “urgente far sì che in ogni parte d’Italia si creino comitati per l’etica nella clinica includenti l’expertise sanitario e di scienze umane e sociali richiesto per una adeguata analisi oltre che dei casi di etica clinica ordinariamente emergenti nelle corsie delle strutture sanitarie, anche di quelli riguardanti il suicidio assistito. Proprio perché dedica in modo costante la propria attenzione ai problemi etici della pratica clinica, questo tipo di comitato etico sviluppa infatti la specifica sensibilità e le competenze adatte per affrontare nel migliore dei modi le situazioni in esame”.
In questi casi e, in molti altri che per questioni di spazio non sarà possibile qui affrontare, il comitato per l’etica nella clinica rappresenta un organismo indispensabile. La multidisciplinarietà che lo contraddistingue, la forte impronta etica del lavoro che svolge, l’attenzione alle dinamiche dei singoli casi e alla personalizzazione delle scelte di cura sono solo alcune delle caratteristiche che ne fanno l’organismo più adatto.
Per questa ragione abbiamo deciso di dedicare una serie di contributi a questo tema, ciascuno dei quali tenterà di spiegare perché i “comitati per l’etica nella clinica sono un’occasione da non perdere”: a partire da come si implementa un comitato per l’etica nella clinica, passando dal ruolo di queste strutture nella cura del paziente adulto e pediatrico, al miglioramento della relazione di cura che i comitati per l’etica nella clinica possono comportare.
La speranza è che questa riflessione dia il via ad un’attenzione a livello nazionale, da tempo auspicata, a questo tema, che si traduca in una concreta organizzazione della materia e in un impegno istituzionale altrettanto concreto.
La speranza è che questa riflessione dia il via ad un’attenzione a livello nazionale, da tempo auspicata, a questo tema, che si traduca in una concreta organizzazione della materia e in un impegno istituzionale altrettanto concreto, che persegua l’obiettivo di migliorare la qualità delle cure e, conseguentemente, la qualità di vita delle persone, di ognuno di noi.
Ludovica De Panfilis
Ricercatrice sanitaria e bioeticista clinica
Medicina legale e Bioetica
Azienda Usl-Irccs Reggio Emilia
Leggi gli altri contributi sui comitati per l’etica nella clinica
Bibliografia
Riconoscere e gestire i conflitti di interesse per tutelare l’integrità. Di Luca De Fiore
La nota di Gaia Marsico
A cura di Ludovica De Panfilis