Da dove viene questa sensazione, la sensazione che il tuo lavoro non abbia più senso né valore? Non ci avevi mai pensato prima? Non te ne eri mai accorto? Eri troppo impegnato a macinare turno su turno, mattino, pomeriggio, notte, festivi compresi che ti sei dimenticato di chiederti: “Cosa sto facendo? Che senso ha tutto questo?”.
È bastato un cazzo di epidemia mondiale per farti fare i conti con le tue certezze, solo dopo però, quando è passata, ondata dopo ondata, e ti ha lasciato tramortito sulla riva ma vivo. L’obiettivo della sopravvivenza, almeno quello, lo hai centrato, e non era tra gli obiettivi aziendali.
Ma se guardi bene i segni c’erano tutti: i presagi letti dagli aruspici nelle viscere degli animali se avessi sacrificato qualche animale come ai tempi dei Romani. I segni della decadenza, dei barbari che avanzano erano tutti lì, solo non hai saputo decifrarli. O forse sì, tu sì avevi già visto lungo, ma non ha mai contato nulla.
La tua opinione non ha mai contato nulla.
Forse hai mancato di intraprendenza, di carattere di coraggio, forse sì.
Erano anni che ti agitavi che dicevi a tutti che così non si poteva andare avanti, che il Sistema stava crollando (e parlavi proprio del Servizio sanitario nazionale, Ssn).
Sembravi solo un povero pazzo quando parlavi del rischio di privatizzazione.
Per anni hai fatto notare che c’era qualcosa che non andava nell’aziendalizzazione, nei drg (diagnosis related group), nella digitalizzazione che procede volutamente a singhiozzo e ti fa rimpiangere i fogli di carta e il lapis, nella burocrazia che pervade tutto e ti sfianca, nell’emorragia continua di posti-letto, nei problemi mai affrontati per sciatteria, nell’accreditamento senza controllo dei privati, nella finta concorrenza pubblico-privato, nella pubblicità delle assicurazioni mediche che strillano in tv, alla radio, sui cartelloni pubblicitari, negli ambulatori medici aperti negli ipermercati segno di una decadenza che ha superato i limiti. Come puoi farti rispettare quando il tuo ambulatorio sta di fianco al banco surgelati? E tu come uno stronzo a chiederti: “Chi mai vi ha dato il mandato di privatizzare il sistema sanitario nazionale?”. E poi fuori ti aspetteresti la piazza, invece ti arriva solo qualche voce, qualche urlo da qualche sparuto gruppo di rivoluzionari in pensione, per il resto silenzio. Tu sei un medico del Ssn, lo sei perché ci hai creduto e credi ancora che sia il sistema migliore per difendere la salute di tutti. Ma pare non interessi più a nessuno.
Come puoi non sentirti solo?
Gli ospedali, specie quelli periferici, sono aziende della peggior specie: fabbriche ispirate al fordismo. Non c’è nessuno spazio per la cultura scientifica, per l’aggiornamento fatto davvero per imparare, per la crescita professionale, per la realizzazione anche personale.
Per non dire della qualità della vita. Si vive malissimo negli ospedali.
C’è una disattenzione al benessere degli operatori che fa schifo, non saprei dirlo meglio.
E poi c’è una tensione, un impegno a non ascoltare, non importa se hai cose da dire, se sei un buon clinico, un buon professionista, se lavori da anni e sarebbe giusto darti ascolto.
Negli ospedali i professionisti non hanno più voce in capitolo da molto tempo.
Vigono piccoli regimi dittatoriali. Guai a criticare, a ragionare, a discutere.
Se provi a farlo, ti guardano sdegnati, si indignano e si offendono, “Guarda che ti do una nota disciplinare” (proprio come a scuola), insomma un avvertimento: “Vedi di non rompere i coglioni”. Per dire del livello di maturità, di libertà, di trasparenza, di democrazia.
E tu che li vedresti come luoghi di cultura oltreché di cura.
Come puoi non sentirti solo quando non senti nessuno dei tuoi colleghi ribellarsi?
Ci sarebbe da fare una rivoluzione ma ormai siamo tutti impiegati d’azienda e gli impiegati non fanno le rivoluzioni. Come puoi non sentirti solo?
Probabilmente sei solo tu ad essere fatto male, sei tu che ti isoli, per quella tua forma di snobismo che ti fa fare le cose solo se ti sembrano giuste, oneste, corrette, altrimenti non stai bene con te stesso.
Come quando non ti iscrivesti a quel sindacato. Poco importa se poi il segretario, un magazziniere, fu arrestato per favoreggiamento alla ‘ndrangheta. Se avessi voluto fare carriera saresti dovuta passare da lui, nel suo ufficio del seminterrato. Come puoi non sentirti solo?
Come quando appendesti alla porta dello studio quel manifesto che regolava l’accesso agli informatori farmaceutici. Non puoi immaginare come ti sei fatto fuori da solo con quella tua mania del conflitto di interessi. Lo sentivi addosso sulle scale, negli atri davanti ai reparti, quando incrociavi i colleghi intenti a parlare amabilmente dell’ultima statina che abbassa il colesterolo sotto i limiti misurabili oppure del nuovo antidepressivo che spacca e vanno assolutamente prescritti perché sono nuovissimi, nuovi fiammanti e se li prescrivi sei un medico migliore, à la page,‘fanculo’ quei tuoi dubbi sull’aumento di mortalità, sulla debolezza delle evidenze. Tu sei fuori dal giro che conta, quello che prescrive farmaci di grido.
C’è un tale conformismo tra i medici. Come puoi non sentirti solo?
Come puoi non sentirti solo, in mezzo a pazienti che hanno ormai l’attitudine dei consumatori, gente che si fa accompagnare in pronto soccorso dall’ambulanza per un mal di schiena, una tosse stizzosa, una febbre appena comparsa. Non è il “tutto e subito” dei giovani contestatori degli anni Sessanta ma è quello dei consumatori che sono abituati a ordinare la marmellata di fichi su Amazon e si aspettano che gli venga consegnata a casa la domenica stessa per la colazione con la famiglia. Vogliono una visita, una risonanza o una scintigrafia total body, e la vogliono subito, e non importa se non sanno bene perché la stanno facendo, è così: la salute è una merce di consumo, deve essere disponibile subito, qui e ora. Chi gli ha messo in testa che sia così? Chi si è dimenticato di spiegare che la salute è un bene e non una merce?
Tranquilli non do la colpa a nessuno. È solo colpa mia, sono io che non so stare al mondo.
Si dice che siano le domande a contare. Ma se non ricevono risposte a cosa servono tutte queste domande, se non a farti sentire ancora più solo?
Eccola qui un’altra bella domanda. Come puoi non sentirti solo senza neanche una risposta?