“Ammettere di essere umani”, e in quanto tali vulnerabili alle insidie di un mondo con forti interessi economici, e imparare a riconoscere le condizioni di rischio implicite in ogni situazione di conflitto di interessi: questi gli elementi cruciali per avviare una seria politica di prevenzione, o di identificazione precoce, di tutte le situazioni di conflitto di interessi che possono avere importanti ricadute sulla salute delle persone e sulla loro fiducia nella medicina e nelle istituzioni. “Ammettere di essere umani” contribuisce a far crescere la consapevolezza dell’esistenza di importanti condizioni di conflitto di interessi. E ciò è tanto essenziale quanto conoscere la normativa che li disciplina, anzi forse più utile della puntuale padronanza delle regole. Per molte ragioni.
Innanzi tutto, perché l’approccio preventivo è di gran lunga più fruttuoso di quello normativo-repressivo. Pensare in modo preventivo, evitando le perplessità o il freddo distacco di chi viene messo a conoscenza del fenomeno attraverso l’illustrazione di “cosa prevede la normativa”, è cruciale per riuscire a coinvolgere in modo attivo tutti i professionisti. Al contrario, affrontare il tema dal punto di vista normativo produce un approccio da adempimento burocratico, in cui le azioni sono guidate esclusivamente dalle norme e non anche (e soprattutto) dal sistema di valori di cui ognuno è portatore, come individuo e come membro della comunità cui appartiene. L’integrità è un valore troppo importante per essere lasciata solo alle norme, alla magistratura o ai responsabili dell’anticorruzione delle aziende sanitarie, i quali svolgono un lavoro importante e gravoso ma che deve essere accompagnato, sul piano formativo e non solo, da azioni volte a sviluppare capacità di analisi, autonomia di giudizio, progettualità, valorizzazione di quanto funziona, continuità di azione da parte di una comunità di professionisti che ha fatto la storia del nostro sistema di tutela della salute e ai quali dobbiamo riconoscere competenza e dedizione.
L’integrità è un valore troppo importante per essere lasciata solo alle norme, alla magistratura o ai responsabili dell’anticorruzione delle aziende sanitarie.
Una moltitudine di professionisti che si impegnano quotidianamente con abnegazione e in modo disinteressato dentro gli ospedali e nei servizi territoriali, nonostante condizioni di lavoro spesso – e ormai da parecchi anni – frustranti. Una moltitudine di professionisti che operano in un ambito pieno di insidie di contesto: la complessità scientifica, la continua evoluzione delle conoscenze, le asimmetrie informative, gli interessi commerciali, la fitta rete di relazioni fra mondo medico, università, industria e politica. Basti pensare alla rete di rapporti che ciascun professionista inevitabilmente coltiva nello svolgimento della propria attività. Ed è proprio con riferimento a questa rete, costituita ad esempio dal rapporto fra un medico e un assistito e in contemporanea con i colleghi, il datore di lavoro, la comunità scientifica, i fornitori di apparecchiature e farmaci, gli editori scientifici e così via, che assume rilevanza l’esistenza di interessi plurimi.
È proprio la pluralità di relazioni che alimenta il groviglio di interessi che si sviluppano nel settore sanitario.
Il professionista, nello svolgimento del proprio lavoro, si trova immerso in una pluralità di legami i quali, anche indirettamente, possono ingenerare una varietà di fattori di rischio in grado di indirizzare i suoi comportamenti verso obiettivi almeno in parte diversi da quello per il quale si è assunto una responsabilità primaria (per esempio, curare un paziente o condurre ricerche scientifiche rigorose). Ed è proprio la pluralità di relazioni che alimenta il groviglio di interessi che si sviluppano nel settore sanitario.
È chiaro che nel mondo della tutela della salute i conflitti di interesse non sono di fatto eliminabili: rimuovere gli interessi secondari da cui originano i conflitti è realisticamente impossibile. Piuttosto, bisogna da un lato migliorare la capacità di riconoscere i rischi e le loro possibili ricadute, e dall’altro sperimentare e diffondere modalità di gestione di quelle condizioni di rischio che hanno maggiore probabilità di intaccare le decisioni di un professionista. Per questo costruire consapevolezza è un passo fondamentale che richiede un cambio di prospettiva che favorisca una serena e al tempo stesso determinata presa di distanza da ogni possibile condizionamento.
Il conflitto di interesse non è una sentenza di colpevolezza, ma non deve essere sottovalutato. L’integrità è un bene primario al quale va riservata sempre grande attenzione.
La realizzazione di un efficace approccio innovativo dipende in larga misura dalla presenza di alcune condizioni in grado di agevolarne la concreta attuazione, fra le quali ricordiamo:
una genuina volontà di promuovere un approccio culturale (e non solo burocratico o fiscale) all’integrità e una sincera disponibilità a sperimentare modalità innovative di sostegno all’integrità;
un approccio valoriale che preceda quello normativo, evitando, per quanto possibile, strategie centrate prevalentemente sulla produzione di un’enorme quantità di procedure, mappature, autorizzazioni, verifiche, ispezioni, sanzioni, ecc.;
la consapevolezza che non esiste un confine netto tra integrità e illegalità e che esiste un’ampia area grigia dove un uso accorto della discrezionalità può essere, se adeguatamente affrontato, fecondo e non solo rischioso;
la conseguente necessità di lavorare anche sui fattori protettivi della integrità, favorendo un cambiamento capace di aumentare la reputazione del Ssn, la motivazione degli operatori e la qualità dell’assistenza erogata;
la consapevolezza che il conflitto di interesse non si identifica con un’azione o un comportamento, ma è una condizione, una situazione di rischio: va riconosciuta, valutata, gestito, possibilmente prevenuta, come qualunque altra condizione di rischio, ma fa parte degli elementi (quasi) naturali dell’habitat in cui si muovono gli operatori della salute;
il riconoscimento della pervasività delle condizioni di conflitto di interesse e, al contempo, della diffusa abitudine a ignorarne la presenza e i rischi che ne discendono;
la crescente sensazione che i professionisti siano stanchi di essere percepiti come fonti di problemi e la necessità di disegnare percorsi volti a migliorare il benessere organizzativo all’interno delle aziende sanitarie, fra le più complesse e problematiche dell’intero mondo produttivo;
la capacità di mettere in campo azioni volte a stimolare gli operatori a rendersi autonomamente responsabili della promozione della propria integrità e di quella della propria azienda, e di esserne orgogliosi;
la disponibilità a sviluppare metodologie di lavoro che prevedono l’apprendimento fra pari, a supportare strategie di collaborazione infra e inter-aziendale e a confrontarsi su temi poco graditi.
Il conflitto di interesse non è quindi una sentenza di colpevolezza, ma non deve essere sottovalutato. Ogni professionista deve sapere che quando accetta un invito a cena al termine di una conferenza sponsorizzata aumentano le probabilità di comportamenti di riguardo nei confronti dell’azienda che ha organizzato l’evento (e dei prodotti che commercializza).
L’integrità è un bene primario al quale va riservata sempre grande attenzione.
Nerina Dirindin Ex-senatrice economista già Assessore alla Sanità della Regione Sardegna Dipartimento di Scienze economiche e finanziarie, Università degli Studi di Torino Coripe Piemonte
Questo articolo è una sintesi della relazione di Nerina Dirindin su come affrontare il conflitto di interessi in ambito sanitario, al convegno dell’OMCeO di Torino “Conflitti di interesse in sanità” che si è tenuto a Torino il 7 maggio 2022.