La circoncisione è una pratica di modificazione del corpo molto antica che si è diffusa, nei secoli, in più aree geografiche, religioni e culture. Tecnicamente consiste nella rimozione chirurgica, parziale o completa, del prepuzio del glande. È tuttora una delle procedure di modificazione del corpo più comuni al mondo: l’Organizzazione mondiale della sanità stima una prevalenza globale pari al 30 per cento di uomini circoncisi [1]. Viene eseguita per motivi igienici, di salute, prevenzione e di cura (restringimento del prepuzio o fimosi, patologie infiammatorie o neoplastiche) o per motivi religiosi e culturali fin dall’antichità e pertanto non riconducibile a esigenze di salute, ed è quindi una questione di sanità pubblica.
Le origini della circoncisione | Per gli ebrei la pratica del Brit Milah (patto della circoncisione) è sempre stata considerata uno degli aspetti primari e fondanti della loro religione nonché segno identitario di appartenenza. L’intervento viene effettuato tassativamente nell’ottavo giorno di vita, dai mohel, persone formate e divenute esperte in anni di pratica (mohel). Sempre più spesso i mohel sono medici chirurgi o pediatra, anche per tale motivo il loro intervento viene riconosciuto idoneo sia dalle organizzazioni mondiali rabbiniche sia da dalle varie legislazioni sanitarie nazionali e internazionali. Nel mondo islamico la circoncisione (khitan, in arabo) è un aspetto essenziale della fede, secondo tradizione non prescritta ma consigliata dallo stesso Maometto nella Sunna e viene generalmente praticata il settimo giorno di vita, ma può essere eseguita fino alla pubertà. Mentre tra i cristiani la circoncisione è praticata dai copti egiziani e dagli ortodossi etiopi.
Vi è anche un tipo di pratica non religiosa, definita “circoncisione culturale”, legata a un’identità etnica-culturale, ed è tradizione di molti popoli: facendo parte di un rito di passaggio dalla fanciullezza all’età adulta è un elemento identitario e di accettabilità sociale. Viene per lo più praticata, in questi termini, in zone dell’Africa sub-sahariana, Australia (tra gli aborigeni viene praticata come prova di coraggio e di autocontrollo, come parte di un rito di passaggio all’età adulta), Filippine, Indonesia e in alcune isole del Pacifico. Alcuni gruppi etnici africani come gli Yoruba e gli Igbo della Nigeria, circoncidono abitualmente i neonati nei primi giorni di vita. La procedura è praticata anche da parte di alcune comunità o da singole famiglie del Sudan, dello Zaire, dell’Uganda e del Sudafrica.
Negli Stati Uniti d’America, dove invece la circoncisione maschile viene effettuata per motivi di prevenzione (“circoncisione profilattica”), come anche in molti altri Paesi, la pratica è più frequente fra gli uomini maggiormente scolarizzati e benestanti. Un caso particolare è quello della Repubblica di Corea, dove la circoncisione era praticamente sconosciuta fino al 1945; con l’arrivo delle truppe statunitensi si è diffusa e attualmente riguarda il 90 per cento della popolazione maschile.
Una pratica che divide
L’American academy of pediatrics ha avuto, nei confronti della circoncisione maschile, una posizione estremamente variabile negli anni: da netta opposizione a favorevole [2]. Questo progressivo cambiamento di visione è stato principalmente dovuto all’accumularsi di prove di efficacia riguardo i benefici in termini di salute pubblica attribuiti alla circoncisione, in particolare relative al ridotto rischio di infezioni delle vie urinarie e di infezioni sessualmente trasmesse, per esempio si è rivelato un affidabile co-intervento preventivo nelle popolazioni a rischio di contrarre il virus dell’hiv. L’American academy of paediatrics e la stessa Organizzazione mondiale della sanità raccomandano la circoncisione per la prevenzione dell’hiv e delle malattie sessualmente trasmesse non come intervento isolato ma inserito in programmi più vasti che includano offerta del test per hiv e servizio di counselling, promozione di pratiche per un sesso più sicuro, distribuzione di preservativi maschili e femminili e promozione del loro uso costante e corretto.
Le stesse raccomandazioni dell’American academy of pediatrics a favore della circoncisione hanno suscitato alcune critiche: si discute sull’eticità di una pratica eseguita su chi non può esprimere il consenso, in virtù di un vantaggio che potrebbe concretizzarsi in età adulta, quando la persona sarebbe in grado di decidere in autonomia. Inoltre non sono da sottovalutare i possibili effetti avversi associati all’intervento, seppur rari. Infatti, come tutti gli interventi chirurgici, si può associare a complicazioni a breve termine, prevalentemente di tipo emorragico o infettivo, e/o complicanze a medio/lungo termine quali fimosi, torsione del pene, fistole uretro-cutanee. Si calcola che il tasso di complicazioni della procedura passi dallo 0,06 al 55 per cento in base alle condizioni di salute di base del bambino, alle competenze dell’operatore e al setting in cui viene eseguito l’intervento stesso. Il tasso di mortalità nei primi 30 giorni di vita, nel caso di decessi occorsi in occasione dello stesso ricovero in cui avviene la circoncisione, è 10.2/500.000 circoncisioni e gli eventi sono più frequenti in caso di co-morbidità quali alterazioni della coagulazione, cardiopatie, pneumopatie, alterazioni idro-elettrolitiche.
La questione è ridurre il rischio
A partire dall’obiettivo primario di preservare sempre e comunque il superiore interesse del minore e di tutelarne la salute, l’intervento di circoncisione rituale maschile dovrebbe essere garantito e perseguito secondo un’ottica improntata al concetto di riduzione del danno. L’esecuzione della circoncisione rituale da parte di professionisti qualificati e in ambiente sterile è efficace perché si propone di diminuire gli eventi sfavorevoli quali la mortalità e la morbilità. La messa a punto di percorsi chiari e uniformi dedicati risponde anche a criteri di efficienza in quanto, dal punto di vista della formazione tecnica degli operatori, niente deve essere creato ex novo esistendo già nei servizi di chirurgia generale, pediatrica o urologica, équipe che eseguono di routine interventi per correzione di fimosi e parafimosi. Curare le complicazioni è comunque un impiego di risorse pubbliche.
A partire dall’obiettivo primario di preservare sempre e comunque il superiore interesse del minore e di tutelarne la salute, l’intervento di circoncisione rituale maschile dovrebbe essere garantito e perseguito secondo un’ottica improntata al concetto di riduzione del danno.
In ottica preventiva e di diritto alla salute è auspicabile che, nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, si vada a comprimere la percentuale di rischio verso i livelli minimi, garantendo procedure effettuate in sicurezza, dopo aver accertato le buone condizioni di salute del bambino e facendo seguire l’intervento da opportune visite di controllo. Inoltre il Servizio sanitario nazionale è tenuto a promuovere l’educazione sanitaria tra le famiglie e le comunità etniche in tutte le fasi del percorso nascita e successivamente in tutte le occasioni di accesso ai servizi di tutela della salute dei minori e delle loro famiglie allo scopo di intercettare le situazioni a rischio, informare sui percorsi sicuri e scoraggiare quelli illegali. Tale approccio consentirebbe anche di rendere più attiva la rete di operatori dei servizi territoriali e ospedalieri che include consultori familiari e pediatrici, centri nascita, pediatria del territorio, centri vaccinali.
Elena Sciurpa Coordinamento Centri di informazione salute immigrati Gruppi locali immigrazione e salute – GrIS Piemonte
Nota. L’articolo è tratto dal report finale del gruppo di lavoro multidisciplinare “Circoncisione rituale in Piemonte” coordinato dalla dottoressa Luisa Mondo. La redazione del report è stata curata dalla dottoressa Elena Sciurpa.