Cinque saggi sul vivere da medico e da paziente
Le letture suggerite da Richard Smith

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Le letture suggerite da Richard Smith
Questo articolo è la terza parte dell’articolo di “Why I recommend all doctors — indeed, everybody — to read good books deeply every day” di Richard Smith. Qui la prima parte e la seconda parte.
Limits to medicine di Ivan Illich. Il libro di saggistica che mi ha influenzato maggiormente è Limits to medicine di Ivan Illich, pubblicato nel 1974. Illich, un tempo sacerdote cattolico, era un critico della società industriale e criticava non solo la medicina, ma anche l’istruzione, i sistemi di trasporto, la scomparsa delle lingue e molto altro. È morto nel 2002, ma adesso che i gas serra emessi dal nostro pianeta in continua industrializzazione minacciano la nostra sopravvivenza, sta venendo scoperto o riscoperto da molti per la prima volta.
La tecnologia può aiutare, ma la medicina moderna si è spinta troppo oltre, lanciandosi in una battaglia divina per sradicare morte, dolore e malattia.
Poterlo sentir parlare quando ero studente di medicina a Edimburgo è stata, come ho descritto, la cosa più vicina a un’esperienza religiosa [1]. Illich sosteneva che “la principale minaccia alla salute nel mondo è la medicina moderna”. Mi convinse, anche perché sentivo che ciò che vedevo nei reparti della Royal Infirmary di Edimburgo veniva fatto più a beneficio dei medici che dei pazienti. Quel giorno abbandonai la facoltà di medicina. Tre giorni dopo ci sono tornato, incerto su cos’altro fare. Nel 2003 ho riletto Limits to medicine e l’ho recensito per una rivista. Mi è sembrato più attuale che mai e invito regolarmente i giovani medici a leggere il libro. Il libro chiarisce i danni che spesso derivano dall’assistenza sanitaria 25 anni prima che il rapporto dei medici dell’Institute of Medicine To Err is Human: Building a Safer Health iniziasse a prendere sul serio i danni derivanti dall’assistenza sanitaria [2].
Il libro descrive anche quella che potrebbe essere definita la medicina basata sulle evidenze. La salute, sostiene Illich, è la capacità di affrontare la realtà umana della morte, del dolore e della malattia. La tecnologia può aiutare, ma la medicina moderna si è spinta troppo oltre, lanciandosi in una battaglia divina per sradicare morte, dolore e malattia. Così facendo, trasforma le persone in consumatori o oggetti, distruggendo la loro capacità di essere in salute.
Illich vede tre tipi di iatrogenesi. La iatrogenesi clinica è il danno arrecato ai pazienti da trattamenti inefficaci, tossici e non sicuri. La iatrogenesi sociale deriva dalla medicalizzazione della vita, un processo che è progredito enormemente nei 50 anni successivi alla pubblicazione di Limits to medicine. Illich ha evidenziato come gli Stati Uniti, all’epoca del suo libro, spendessero l’8,4 per cento del prodotto nazionale lordo per l’assistenza sanitaria, rispetto al 4,5 per cento del 1962. Può essere sensato? Nel 2022 era quasi il 20 per cento. E, infine, la iatrogenesi culturale, ovvero la distruzione dei modi tradizionali di affrontare e dare un senso alla morte, al dolore e alla malattia. “L’immagine che una società ha della morte”, sostiene Illich, “rivela il livello di indipendenza del popolo, l’importanza dei legami di parentela, la capacità di autonomia e la capacità di adattamento. La società, agendo attraverso il sistema medico, decide quando e dopo quali sofferenze il paziente può morire. La salute, o la capacità di far fronte alla malattia autonomamente, è stata espropriata fino all’ultimo respiro”. Morire è diventata l’ultima forma di resistenza al consumo.
The Spirit Catches You and You Fall Down di Anne Fadiman. The Spirit Catches You and You Fall Down racconta la tragica storia di come la mancata comprensione tra un sistema sanitario e una famiglia porti al disastro, nonostante tutti facciano del loro meglio [3]. I medici e gli infermieri del sistema sanitario californiano, gli assistenti sociali e la magistratura fanno di tutto per curare una bambina Hmong affetta da una grave epilessia. La bambina però subisce danni cerebrali che la famiglia attribuisce ai farmaci prescritti. A questo punto i medici iniziano a sentirsi incompresi, non apprezzati e arrabbiati.
In questa storia la divisione tra i medici e la famiglia è particolarmente ampia, ma credo che tali incomprensioni siano comuni e possano causare grande dolore da entrambe le parti.
Fadiman riesce a far comprendere profondamente al lettore i punti di vista di entrambe le parti. La scrittrice attribuisce il suo successo alla propria irrilevanza. Gli Hmong credono che la “perdita dell’anima” sia la causa principale delle malattie e, come molti popoli, che l’epilessia abbia un aspetto positivo: la sua presenza contraddistingue una persona come possibile sciamano.
Il libro mostra come la comprensione e la cooperazione non siano facili da ottenere. Non si tratta solo di conoscere una lingua e di ascoltare, ma anche di capire qualcosa della storia antica e prossima di un popolo, delle sue credenze e della sua cultura, cosa che nessuno – nel caso del libro – è riuscito a fare. In questa storia la distanza tra i medici e la famiglia è particolarmente ampia, ma credo che tali incomprensioni siano comuni e possano causare grande dolore da entrambe le parti. Oltre a fornire insegnamenti importanti, il libro è anche piacevole da leggere (questo è meno vero per il libro di Illich).
Intoxicated by my illness di Anatole Broyard. Un’altra piacevole lettura è Intoxicated by my illness di Anatole Broyard, una raccolta di saggi sulla malattia, la vita e la morte che Broyard ha scritto dopo aver ricevuto una diagnosi di cancro alla prostata. Si dice che il medico di Jean Cocteau, poeta e artista francese, lo abbia curato gratuitamente perché era l’unica persona in grado di descrivere accuratamente i suoi sintomi. Broyard è come Cocteau e fornisce intuizioni sulla malattia che altrimenti i medici potrebbero cogliere solo essendo essi stessi gravemente malati [4].
Per arrivare al mio corpo, il mio medico deve arrivare al mio cuore. Deve passare attraverso la mia anima.
Anatole Broyard
Come vi sentireste se un vostro paziente vi dicesse: “Voglio che tu sia il mio Virgilio, per guidarmi attraverso il purgatorio o l’inferno indicandomi le cose da vedere mentre andiamo avanti”? E come rispondereste a: “Vorrei discutere con lei della mia prostata non come organo malato ma come pietra filosofale”. Sono queste le parole che Broyard disse al suo medico.
Broyard fu critico letterario e redattore del New York Times, morto nel 1990. La sua fama è dovuta in parte al fatto che fosse di razza mista e criticato perché “passava” per bianco negando la sua ascendenza. Potrebbe aver ispirato il libro di Philip Roth The Human Stain, che parla di un professore di colore che si fingeva ebreo, anche se Roth nega. (Roth, tra l’altro, è uno dei miei autori preferiti, insieme a John Updike e Bellow, tutti ormai noti per quella che sembra essere misoginia. Quanto ci si allontani dagli artisti a causa delle loro convinzioni o dei loro comportamenti non sani è un problema attuale. Io propendo per la lettura di tutti).
Il libro è stato scritto verso la fine della sua vita, mentre stava morendo di cancro alla prostata. Fu la malattia a metterlo in contatto con i medici e a spingerlo a farsi visitare. Ripensò anche a quando suo padre stava morendo, e ciò che voleva da un medico era qualcosa in più della semplice abilità tecnica. Il libro è pieno di frasi da citare, e qui ne riporto solo alcune:
Radical Help: How we can remake the relationships between us and revolutionise the welfare state di Hilary Cottom. In Radical Help, Hilary Cottom, designer sociale, sostiene che lo Stato sociale, che tutti apprezziamo, non risponde più in modo adeguato ai problemi del XXI secolo: riscaldamento globale, migrazioni di massa, cambiamenti demografici, epidemie di malattie croniche, preoccupazioni per la sicurezza e aumento delle disuguaglianze.
Lo Stato sociale ha bisogno non solo di cambiare, ma di “invertire la rotta… con un pivot, ovvero un cambiamento che implichi una nuova visione, una soluzione diversa e un nuovo modello di business”
Lo Stato sociale ha bisogno non solo di cambiare, ma di “invertire la rotta… con un pivot, ovvero un cambiamento che implichi una nuova visione, una soluzione diversa e un nuovo modello di business” [5].Un pivot, spiega Cottam, non è solo un’altra parola per indicare un cambiamento. “Il pivot è un tipo speciale di cambiamento che comporta una nuova visione, una soluzione diversa e un nuovo modello aziendale. Il pivot offre una trasformazione, il potenziale per qualcosa di molto migliore e di maggior successo”. Il pivot richiede un grande coraggio e molte imprese e aziende sono fallite per mancanza di coraggio.
La riconversione del welfare state, e in particolare del Servizio sanitario nazionale inglese, potrebbe essere particolarmente difficile a causa dell’amore che i britannici nutrono per questa istituzione.
Cottam sostiene che “il nostro rapporto più difficile, quello che minaccia maggiormente la nostra salute, è il rapporto con l’establishment medico. La medicina ha catturato i nostri cuori e le nostre menti”. Ci rivolgiamo ai medici, agli altri professionisti della salute e al Servizio sanitario nazionale per risolvere i problemi che non possono essere risolti con farmaci, operazioni e persino semplici consigli. Per evitare la dipendenza, dobbiamo cercare aiuto altrove: da noi stessi, dalla nostra famiglia e dai nostri amici, dalle nostre comunità e dalla società civile.
Cottam non è contro i medici. Il suo obiettivo è raggiungere un migliore equilibrio tra ciò che fa il Servizio sanitario nazionale e ciò che fanno gli altri. Il Servizio sanitario nazionale, ad esempio, era ed è ben progettato per vaccinare la popolazione contro il virus covid-19 e altre infezioni, ma non è nella posizione migliore per affrontare la solitudine, la disperazione, l’inattività e i comportamenti scorretti.
Il nostro rapporto più difficile, quello che minaccia maggiormente la nostra salute, è il rapporto con l’establishment medico. La medicina ha catturato i nostri cuori e le nostre menti.
Hilary Cottom
“L’attuale stato sociale”, scrive Cottam, “è diventato un elaborato tentativo di gestire i nostri bisogni. Al contrario, le forme di aiuto del ventunesimo secolo ci aiuteranno a sviluppare le nostre capacità. Gli approcci tradizionali al welfare vedono l’utente come dipendente, secondo i loro pregiudizi, e in risposta cercano di dargli qualcosa o di fargli qualcosa, per gestire il suo bisogno nel modo migliore che conoscono. L’approccio delle capacità cambia il modo in cui viene offerto il sostegno”.
Cottam riconosce la centralità delle relazioni per la nostra vita e la nostra salute.
“Le relazioni, i semplici legami umani tra di noi, sono il fondamento di una buona vita. Ci portano gioia, felicità e un senso di possibilità. Costruire relazioni permette la crescita di ulteriori capacità: ci aiutano a imparare, contribuiscono a una buona salute e a comunità vivaci. Senza legami forti con gli altri, o con relazioni malsane, ben pochi di noi possono sentirsi appagati o addirittura funzionare”.
La maggior parte del libro riguarda gli aspetti pratici del tentativo di riorganizzare istituzioni come lo stato sociale e il servizio sanitario nazionale. Non li ripeterò qui, ma per me Cottam descrive i cambiamenti radicali necessari in un modo che pochi altri eguagliano. Vedo una sovrapposizione tra gli scritti di Illich e Cottam, in quanto la scrittrice cerca di trovare un modo per ripristinare – o forse reinventare – parte di ciò che Illich descrive come perso.
The Uninhabitable Earth di David Wallace-Wells. In The Uninhabitable Earth David Wallace-Wells riassume le prove di come l’umanità stia distruggendo la Terra [6].
È un libro desolante da leggere, ma scritto magnificamente, e questo è uno dei motivi per cui è così potente. Ma è potente anche per la tragica storia che racconta. Wallace-Wells ha parlato con molti scienziati del clima per preparare un articolo per il New Yorker e poi ha ampliato il saggio in un libro. Il libro cambia la mente, perché non ci si può più sentire a proprio agio, riconoscendo la gravità e l’urgenza della situazione dell’umanità. Una frase che mi è rimasta impressa è l’osservazione che gli ottimisti non hanno mai avuto ragione. Credo che se tutti nel mondo – o almeno tutti i leader del mondo – leggessero il libro, allora il libro potrebbe salvare l’umanità perché le persone si sentirebbero obbligate ad agire.
Quello di David Wallace-Wells è un libro che cambia la mente, perché non ci si può più sentire a proprio agio, riconoscendo la gravità e l’urgenza della situazione dell’umanità.
Wallace-Wells parla dei danni che la crisi planetaria sta facendo e farà alla salute, ma non menziona come l’assistenza sanitaria sia essa stessa parte del problema, in quanto responsabile dell’emissione di gas serra (il NHS rappresenta circa il 5 per cento delle emissioni del Regno Unito) e della produzione di molti rifiuti, compresi i farmaci che sono finiti negli oceani. I professionisti della salute possono contribuire a rispondere alla crisi planetaria trovando il modo di ridurre i danni al clima e alla natura causati dai sistemi sanitari, ma devono anche esortare i leader a intraprendere le azioni drastiche necessarie per rispondere e cambiare i propri stili di vita.
Anche in questo caso la mia selezione è in qualche modo arbitraria, anche se meno della selezione di romanzi, in quanto tutti e quattro questi libri hanno avuto un grande impatto su di me e hanno cambiato il mio modo di pensare al mondo. Ma ci sono altri libri di saggistica che avrei potuto scegliere, tra cui The Emperor of All Maladies: A Biography of Cancer di Siddhartha Mukerjee, un oncologo. Il libro, che ha vinto il premio Pulitzer, è una storia del cancro e delle sue cure. Ci sono molti fallimenti e vicoli ciechi, ma anche successi, e il libro, scritto in modo splendido, si legge come un thriller, e lo è. Empire of Pain: The Secret History of the Sackler Dynasty di Patrick Radden Keefe, anch’esso vincitore del premio Pulitzer, è un altro libro molto piacevole che si legge come un romanzo [7]. Descrive il ruolo centrale della famiglia Sackler nel creare e alimentare la crisi degli oppioidi, probabilmente il più grande disastro della medicina, che ha ucciso milioni di persone.
The Sleeping Beauties della neurologa Suzanne O’Sullivan racconta le sue esplorazioni, molte delle quali basate su visite, di focolai di massa di quelli che lei diagnostica come disturbi funzionali, tra cui i giovani richiedenti asilo in Svezia che si sono “addormentati” per più di un anno e i diplomatici americani a Cuba afflitti da una strana malattia [8]. O’Sullivan è specializzata in disturbi funzionali, che possono rappresentare fino a un terzo dei disturbi presenti nei pazienti visitati negli ambulatori. Questi pazienti soffrono e non fingono di essere malati. La loro malattia è reale come le malattie con una causa fisica individuabile, e non è “tutto nella loro testa”. Come descrive O’Sullivan, questi pazienti sono spesso vittime della medicina moderna: vengono sottoposti a numerosi esami ma raramente vengono aiutati.
Richard Smith
Ex-direttore The BMJ e blogger
Bibliografia
Pubblicato su Richard Smith’s non medical blogs il 24 giugno 2023, questo articolo è stato tradotto e pubblicato su ilpunto.it grazie a un accordo con l’autore che ringraziamo per la sua disponibilità.
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