Inizialmente definita “diversità biologica” da Raymond Dasmann nel 1968, e Walter G. Rosen che nel 1985 conia il termine “biodiversità”, dalla fusione delle due parole “biologico” e “diversità”. Oggi il termine è ampiamente utilizzato nei contesti più disparati, dai convegni scientifici agli spot pubblicitari o alle dichiarazioni dei decisori politici.
In alcuni studi lo si utilizza per riferirsi esclusivamente alle diverse specie di flora e fauna in diversi tipi di habitat; tuttavia, una definizione più ampia è stata fornita nel 2011 dall’International union for the conservation of nature (Iucn) che, appunto, utilizza varietà di tutti gli organismi viventi, microrganismi, piante, animali, dei loro geni e dei loro habitat.
L’Iucn adopera l’espressione “diversità biologica” per descrivere la varietà della vita sulla terra, comprendendo il numero e la variabilità di organismi come animali, piante, funghi, microrganismi ecc., le differenze genetiche tra loro e le differenze degli ecosistemi in cui si trovano.
Al “Vertice sulla Terra” tenutosi a Rio de Janeiro nel 1992, la biodiversità è stata definita come “la variabilità tra organismi viventi presenti in ecosistemi terrestri o acquatici e i complessi ecologici di cui fanno parte”. In quell’occasione i leader mondiali hanno concordato una strategia globale di sviluppo sostenibile e uno dei principali accordi adottati è stata la “Convenzione sulla diversità biologica” (Convention on biological diversity, Cbd) entrata in vigore nel dicembre 1993 e ratificata a oggi da 196 Paesi. I tre principali obiettivi della Convenzione sono stati: la conservazione della biodiversità, l’uso sostenibile della biodiversità e la giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche.
Il 14 luglio 2014, in occasione della decima Conferenza degli Stati aderenti alla Convenzione, tenutasi a Nagoya in Giappone, è stato concordato il “Piano strategico per la biodiversità 2011-2020” (definito “Protocollo di Nagoya”), i cui obiettivi sono stati ratificati da oltre 50 Paesi.
Nel 2015 Ersin Yucel ha incluso nel concetto di biodiversità tre componenti principali:
1. la diversità delle specie, cioe la ricchezza di specie in un sito o habitat;
2. la diversità genetica, cioè la variabilità di geni presenti nel dna di una certa specie;
3. la diversità degli ecosistemi, cioè il diverso assemblaggio di specie animali, vegetali e microbiche, le interazioni reciproche e con l’ambiente* in una particolare regione (ecosistema).
In tutti questi livelli, varietà, complessità ed eterogeneità sono gli aspetti essenziali dei processi vitali.
Negli ultimi decenni il termine “biodiversità” è stato ampiamente utilizzato non solo in campo scientifico, ma anche come uno dei più efficaci slogan volti a promuovere un maggiore rispetto nei confronti della natura.
Indipendentemente dalla definizione data e dal contesto in cui si applica, la conservazione della biodiversità è necessaria per la sopravvivenza dell’uomo e assume anche un valore economico, in quanto l’uomo ottiene dalle bio-risorse in natura benefici quali cibo, materie prime, carburante, principi attivi e farmaci ricavati da piante e animali ecc., nonché modelli utilizzati per studi e progettazioni architettoniche o ingegneristiche.
Il termine “biodiversità”, soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni Novanta, è stato anche utilizzato per raggruppare all’interno di un unico nuovo nome una serie di problemi ambientali in precedenza apparentemente scollegati tra loro, quali la conservazione di aree di natura incontaminata, l’estinzione delle specie, la preservazione dei patrimoni genetico- evolutivi (risorse genetiche) o le catastrofi ambientali. Attualmente la biodiversità, oltre a rivestire un significato scientifico ed economico, è considerata depositaria di una vasta pluralità di valori, estetici, culturali, ricreativi e spirituali.
Sergio Lanteri Dipartimento di Scienze agrarie, forestali e alimentari Università degli studi di Torino
Questo testo è tratto dal libroLe parole della bioeticaa cura di Maria Teresa Busca e Elena Nave (Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2021). Per gentile concessione dell’editore.