Aborto: ancora una scelta per le donne?
Il primo dei cinque incontri "Facciamo il punto: scelte scomode e diritti", al Circolo dei lettori

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Il primo dei cinque incontri "Facciamo il punto: scelte scomode e diritti", al Circolo dei lettori
Incontrare i cittadini e le cittadine per uscire dall’ambito strettamente medico e per allargare lo sguardo su temi trasversali “scomodi” che chiamano in causa i diritti, l’etica, la morale. Con questo spirito l’OMCeO di Torino ha organizzato un ciclo di cinque incontri al Circolo dei lettori. “Quest’intenzione è la stessa che, quasi un anno fa, ci ha spinti come Ordine ad avviare il progetto culturale ilpunto che cerca di promuovere il confronto su temi di medicina e sanità con un taglio più umanistico e culturale”, ha spiegato il presidente Guido Giustetto in apertura del primo incontro dal titolo “Aborto: ancora una scelta per le donne” tenutosi lo scorso 17 gennaio. Un tema ancora attuale e “divisivo” perché le opinioni in merito sono molteplici e non esiste una posizione incontrovertibilmente giusta. “E proprio il discuterne, per trovare spunti di riflessione sempre nuovi, può aiutare tutti a trovare risposte e a porsi altre domande”.
La questione è tornata agli onori della cronaca con l’abolizione della sentenza che nel 1973 aveva reso l’aborto possibile in tutti gli Stati Uniti, che stanno ora decidendo se e come renderlo legale all’interno del territorio federale. D’altra parte, c’è la posizione della Francia con l’impegno del presidente Macron a inserire l’aborto tra i diritti costituzionali del Paese e anche tra quelli fondamentali dell’intera Unione europea. Il presidente Giustetto ha stretto la lente sulla situazione piemontese, dove la Regione ha recentemente avviato un progetto per rendere possibile alle associazioni pro-vita di fare attività all’interno dei consultori, una decisione che inevitabilmente esprime una precisa posizione rispetto ai diritti riproduttivi delle donne. È proprio sulle donne e le loro possibili scelte che l’incontro ha deciso di concentrarsi a partire dalle riflessioni delle tre invitate: Franca D’Agostini, Suor Giuliana Galli e Tullia Todros.
La prima a prendere parola è stata Suor Giuliana Galli, fondatrice dell’Associazione Mamre onlus, la quale è partita proprio da una riflessione sull’essere donna e soprattutto su cosa comporta per ogni singola donna esistere. Perché – fondamentalmente – il discorso sull’aborto non può prescindere dal vissuto della donna che si trova davanti a una tale scelta, la quale ovviamente ha a che fare con la vita e il valore della vita. In generale la società dovrebbe essere consapevole che la dignità di ogni donna risiede anche nell’essere portatrice di vita e che la donna può avere l’opportunità di interrompere la vita ma anche quella di arricchire la società con essa. Da queste riflessioni Suor Giuliana è riuscita a far emergere tutte le implicazioni profonde e sociali di una scelta come quella dell’aborto, verso la quale è impossibile assumere una posizione netta. Forse l’unica risposta possibile è che le donne dovrebbero essere istruite, educate e messe nella posizione di non dover fare certe scelte o quantomeno di farle in maniera informata e consapevole. In alcuni contesti e con determinate condizioni non si può parlare di aborto come male minore ma come unico bene possibile.
Successivamente ha preso la parola Tullia Todros, già professoressa di ginecologia ed ostetricia, che ha incentrato il suo intervento sulla salute riproduttiva della donna e sulle condizioni che possono interferire nel mantenerla o nel promuoverla. Perché garantire un aborto libero e sicuro vuol dire soprattutto garantire la salute materna prevenendo i tanti esiti negativi di aborti condotti senza le adeguate precauzioni, come per esempio l’infertilità. In Italia la salute riproduttiva della donna viene garantita sulla carta dalla legge 194 del 1978. Ma capire in quale misura questa legge viene applicata non è semplice perché mancano dati aperti e intelligibili. Ogni anno il Ministero della salute redige un report sulle interruzioni volontarie di gravidanza (Ivg) che però restituisce una fotografia sfocata della situazione italiana. Emerge una marcata differenza regionale sul tasso di abortività e anche sulla percentuale di medici obiettori sebbene servirebbero ulteriori dati per sapere, ad esempio, se le donne sono costrette ad andare in un’altra Regione per abortire oppure se vengono ancora eseguiti aborti clandestini. In merito all’obiezione di coscienza c’è da fare un ulteriore ragionamento, come fatto notare anche dal professor Giustetto. Un’alta percentuale di medici obiettori spesso comporta un maggior carico di lavoro per chi non fa obiezione spingendo molti medici a dichiararsi obiettori per evitare di finire a praticare solo Ivg. Il fatto che nell’obiezione di coscienza siano coinvolti anche aspetti organizzativi non può che far pensare che esista la possibilità per i decisori sanitari di fare delle scelte per arginare il problema. Ma l’obiezione di coscienza non è l’unico ostacolo. Ci sono altri due aspetti fondamentali previsti dalla 194 che non vengono però garantiti in Italia: l’informazione sui metodi, sui vantaggi e gli svantaggi dell’aborto farmacologico e di quello chirurgico, e l’accesso all’aborto farmacologico in regime ambulatoriale. Aspetti tecnici, ha concluso la professoressa Todros, ma prioritari per dare più possibilità di scelta alle donne nel rispetto e nella promozione della loro salute.
Nel mondo ci sono leggi che garantiscono che “l’aborto si svolga in salute e sicurezza” come enunciato dall’Organizzazione mondiale della sanità. Ma sono leggi incerte, e a quanto sembra la questione è controversa. Molte dispute sono apparenti, sono strategiche, politiche, ed è frequente una certa tendenza a usare la discussione sull’aborto in questo modo. Ma qui sembrano essere in gioco fattori oggettivi di dubbio e dilemma, ha continuato Franca D’Agostini, professoressa di filosofia all’Università statale di Milano, che ha aperto una riflessione circa la verità sull’aborto sostenendo che “la verità non è duplice”, ma che le difficoltà che la caratterizzano hanno a che fare con una profonda incertezza pubblica riguardo alle questioni metafisico-ontologiche (che cosa è un essere umano, che cosa significa vivere), specialmente quelle che riguardino le donne, il genere, il sesso.
L’aborto, filosoficamente parlando, può avere delle soluzioni oggettive da tre punti di vista. Il primo è quello politico-giuridico e quindi dei diritti: in questo senso la legge 194 stabilisce che nel primo trimestre di gravidanza i diritti della madre prevalgano su quelli dell’embrione. Il secondo punto di vista è quello etico-pratico che, affrontato secondo la filosofia morale, sostiene che se lo Stato consente una determinata azione, allora tale azione si configura come morale anche per il soggetto che la compie. Il terzo e ultimo punto di vista è quello esistenziale, che obbliga a tenere in considerazione la portata enorme che prevede la scelta di far nascere un figlio, partorirlo e prendersene cura. È una scelta che ha risvolti esistenziali perché significa condividere momentaneamente il corpo con un’altra persona: “il mio corpo non è più mio”. Ma è una scelta che modifica anche il pensiero, le priorità e l’indirizzo che si deve dare alla propria vita. Infine, come affermato anche da Suor Giuliana Galli, bisogna saper affrontare la questione ontologica: cosa significa essere donna e cosa intendiamo per vita? La domanda sulla donna come tale e quella sulla vita dell’embrione sono domande metafisiche che riguardano la definizione dell’essere ontologico, cioè gli aspetti essenziali dell’essere. La filosofia ha proposto delle risposte a tali domande. Seguendo questi ragionamenti si può arrivare a sostenere che, entro i tre mesi di vita embrionale, il soggetto non sia ancora un essere umano formato i cui diritti vanno tutelati, per cui prevalgono quelli materni, mentre in seguito al pieno sviluppo fetale esso diventa un soggetto a tutti gli effetti, cittadino il cui Stato si impegna a far sì che i suoi diritti vengano garantiti.
Sono emersi, dunque, tre punti di vista – diversi ma ugualmente ricchi e stimolanti – utili a sviluppare spunti di riflessione che, anche durante la serata di martedì, sono stati affrontati insieme al pubblico presente, con domande e ulteriori confronti. Un intervento del pubblico molto interessante è stato in merito alla possibilità di considerare, e di conseguenza implementare, l’educazione su questi temi, a partire dalle fasce più giovani, come una pratica di prevenzione. Perché avere dei programmi di istruzione in questo senso permetterebbe a tutte le persone di fare scelte più informate e quindi migliori. Altro aspetto fondamentale è la sospensione del giudizio: il ruolo dell’operatore sanitario è quello di accompagnare la donna nella sua scelta senza giudicarla. Ancora, un neurologo di Torino ha ricordato che la legge 194 è sì una legge a tutela dei diritti delle donne, ma che attaccarla, e indebolirla, significa minacciare l’intero sistema e quindi mettere in discussione la tutela e la garanzia dei diritti di tutti: non basta garantire un aborto sicuro, bisogna impegnarsi per assicurare la possibilità di scegliere senza sentirsi giudicate dalla società.
Le riflessioni e la discussione conseguente che hanno accompagnato il primo “Facciamo il punto” confermano l’importanza di momenti e spazi come questi, in cui la medicina esce dagli ospedali e cerca un confronto con la cittadinanza, affrontando temi divisivi su cui è sempre necessario ragionare e confrontarsi con posizioni ed esperienze diverse per indirizzare il proprio agire e le proprie scelte nella maniera più corretta possibile.
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